Archivio documenti ed attività per la
Spiritualità familiare

 

1° incontro 

L’ascolto.    So ascoltare?

 

 C’è differenza tra udire a ascoltare?

Ogni due settimane Laura chiede a Luca di accompagnarla a cena fuori. Lui accetta quasi sempre. Crede che lei voglia riposarsi dai bambini, offrirsi un pasto senza dover lavare i piatti e liberarsi dalla casa che la assilla giorno per giorno.

Una sera egli torna a casa particolarmente teso e stanco. La giornata in ufficio è stata difficile, ma è soprattutto seccato per aver promesso a Laura di portarla a cena fuori quella sera.

«Ascolta Laura» le dice «stasera sono molto stanco e non ho voglia di uscire. Mi occupo io dei bambini. Chiama un'amica ed esci con lei». Lei risponde semplicemente: «...e va bene!» Poi va verso il telefono.

Luca capisce allora che non va bene per niente. C'era delusione nella voce di sua moglie e questo lo colpisce profondamente. Allora si china verso di lei, le toglie il telefono dalle mani e le dice: «Cosa c'è Laura?» «Niente». «Ma sì, che c'è qualcosa che non va? Ti va di parlarne? Voglio sapere veramente». «Luca, non voglio uscire con un' amica. Tutto il giorno ho pensato a quest'uscita con te» «Sì, lo so che hai avuto i bambini tutto il giorno addosso. E che Tommy e Cristina sono stati male tutta la settimana. Capisco che è difficile stare chiusa in casa e hai bisogno di uscire. Ma perché non vuoi andarci con Maria o Carmen e distrarti un po'?»

«Perché non è questo che voglio. È vero che vorrei uscire; è bello vestirsi, andare in un ristorante chic, farsi servire e prendersi tutto il tempo per cenare. Ma il più bello in tutto questo è che io lo faccia con te. Passiamo così poco tempo insieme! Voglio semplicemente stare con te, parlare un po', guardarti e godermi la tua compagnia».

«Che stupido che sono!» esclama Luca «In tutti questi anni ho creduto che fosse l'andare a cena fuori a farti piacere. E invece ero io... Questo è proprio bello. Dai, andiamo...

 

Quando io odo, è per il vantaggio che ne posso trarre. Quando ascolto invece, è per il vantaggio dell’altro.

 

Vi succede di ascoltare con gli occhi?

Di solito, limitiamo la funzione di ascoltare all’orecchio. Se sento bene le parole, se non permetto che dei pregiudizi deformino il suo messaggio, ho la sensazione di essere un buon ascoltatore. Ma ascoltare è un’azione che mi coinvolge integralmente. Se voglio scoprire l’altra persona, non lo posso fare con uno solo dei miei sensi, ma lo devo ascoltare con tutto me stesso.

Rinaldo e Daniela sembrano irritarsi velocemente quando si tratta di denaro. Un giorno, mentre facevano dei progetti per le vacanze, Daniela suggerì un programma molto costoso; d'altra parte potevano permetterselo. Daniela non capiva perché Rinaldo era così tirato quando si trattava di spendere i soldi. Ma ad un certo punto notò l' espressione di paura negli occhi di Rinaldo. Cessò di discutere e si mise ad ascoltarlo veramente. Scoprì allora che suo marito aveva una paura enorme di lasciarla senza risorse nella vita, e per questo voleva accumulare denaro per i giorni brutti. In passato aveva ascoltato le sue ragioni ma non aveva ascoltato lui. Dopo aver scoperto la paura di lui, è cambiata tutta la sua visione dei soldi: certamente non ha smesso di spendere, ne di desiderare delle belle vacanze, ma ora può andare oltre il problema e capire i sentimenti di Rinaldo.

Per quanto bene tu mi possa udire, non mi sentirò ascoltato se non mi guardi. 

 

Siete capaci di ascoltare con le mani?

Per scoprire il proprio coniuge non è sufficiente ascoltarlo con le orecchie e nemmeno solo con le orecchie e gli occhi. Bisogna ascoltarlo anche con le mani. Uno dei modi per distrarci è di occupare le nostre mani mentre l'altro parla; mettere in ordine la stanza, sfogliare un giornale, sistemare l' orologio. Anche se si tratta di un gesto puramente meccanico, tuttavia assorbe una parte della nostra attenzione.

Ma se io ti tocco gentilmente tenendoti la mano, posando la mia sulle tue spalle, o accarezzandoti il viso, ti dico che ci sono nella maniera più tangibile. E inoltre se ti tocco, questo mi aiuta a tenere gli occhi fissi su di te, cioè continuo ad occuparmi di te.

 

 

 

 

 

 

 

2° incontro  

 L’ascolto.     So ascoltare bene?

 

                 

Presumi di sapere ciò che l’altro sta per dire?

Dopo qualche anno di matrimonio marito e moglie conoscono bene le loro storie. Sanno ciò che l’altro dirà prima ancora che apra bocca.

Crediamo spesso di conoscere la fine della sua frase, ma saremmo sorpresi se lasciassimo l'altra persona finisse il suo pensiero. Potrebbe essere forse diverso da quello che ci aspettiamo. Eppure è proprio perché abbiamo tante volte finito le sue frasi che l'altro ha smesso di tentare di dire il suo pensiero fino in fondo.

 

C’è qualche “buco nero” nel nostro dialogo?

Tutti abbiamo degli argomenti di cui non volgiamo neppure iniziare a parlare.

Paolo ed Anna hanno un buon rapporto e parlano quasi di tutto, ma non parlano quasi mai della loro sessualità. Anna da un po' di tempo si è resa conto che questo argomento la mette a disagio ogni volta che viene fuori: cerca perciò di cambiare discorso. Però sa bene che l'aspetto sessuale è importante per la loro vita e che non è affatto positivo evitarlo. Non ci sono problemi particolari, ma solo il desiderio di migliorare la reciproca comprensione su questo aspetto.

Una sera si siede accanto a lui e gli dice: «Paolo, siamo sposati da tanto tempo, non potremmo parlare un po' della nostra relazione sessuale? Vedi,'io mi rendo conto che ho messo da parte questo argomento di conversazione, ma proprio perché ci vogliamo bene mi auguro che non ci sia distanza tra noi su questo aspetto della nostra vita».

Si sono trovati presto a punzecchiarsi e ridere, come due ragazzini. Grazie al gesto d'amore coraggioso di Anna, Paolo è riuscito a confidare certe sue incertezze: «Sono ancora attraente per lei? La vita sessuale è importante per lei?»

 

In genere non si evita un argomento perché è troppo difficile o perché pone un problema senza soluzione, ma perché il marito o la moglie crede che il suo coniuge non l'ascolterà.

Un'altra ragione che ci fa evitare certi argomenti di conversazione è che questi hanno una grande importanza per noi due, ma su di essi non abbiamo lo stesso punto di vista.

Se il nostro dialogo non è aperto, se non siamo decisi a parlare di tutto tra noi, di fatto limitiamo il campo della nostra relazione, come se uno dicesse: «Ti amo e sarò aperto a te; conoscerai tutto di me... eccetto quando si tratterà di tua madre, delle tue opinioni politiche, ecc.»

 

Ecco alcuni trucchi per imparare ad ascoltare:

- In genere è più facile parlarsi quando siamo vicini uno all'altro, per esempio seduti uno accanto all'altro, per sentire la presenza dell'altro e non solo udirne le parole.

- È importante il contatto fisico: sentiamo con la punta delle dita tanto quanto con le orecchie.

- Anche lo sguardo aiuta ad ascoltarsi: guardando negli occhi dell' altro, lo si attira, per cosi dire, a sé. Attraverso lo sguardo si può capire moltissimo sull'altro come attraverso le mani!

- Studiamo la frequenza e la spontaneità dei nostri scambi; vediamo se è l'emozione del momento e la nostra fantasia a determinare le circostanze. Anche questo ci insegna ad ascoltarci meglio l'un l'altro.

- Ci si può anche domandare: «Sto utilizzando bene i mezzi che ho a mia disposizione?» Non si può programmare in anticipo il proprio ascolto per i momenti in cui succederà qualcosa di importante, ma ci si può esercitare sulle questioni di minor importanza. Si può anche fare l'inventario delle proprie qualità migliori e valorizzarle.

- Ugualmente prendendo coscienza dei propri ostacoli e lavorando per correggerli, si aumenta la capacità del vero ascolto.

L' esperienza ci dirà conie ascoltare meglio.  E lo sforzo vale la candela!

 

 

 

 

 

 

 

 

3° incontro

 Il dialogo.     So comunicare in modo verbale e non verbale?

 

Il dialogo infatti ha delle condizioni ben precise:

l. L'ascolto. Vediamo come si manifesta:

Mi fido. = Ti do un anticipo di fiducia

Ci sei anche tu. = Non ti interrompo

Sono qui per te. = Ho un atteggiamento positivo ed attivo

Siamo in due. = Accolgo i tuoi sentimenti e siamo complementari

Cerco di capirti. = Mi metto nei tuoi panni

Mi stai parlando = Decifro anche il linguaggio del tuo corpo

Dico no al pregiudizio = Distinguo tra - contenuto del messaggio

  - ciò che esso suscita in me

Ho capito bene? = Ridico con parole mie quanto mi hai comunicato

Cosa hai voluto dire? = Colgo l’implicito

Ti amo =Mostro interesse, attenzione, pazienza

 

 

2. I tre momenti del dialogo: Tolleranza, accettazione, accoglienza. Colgo nel coniuge una realtà diversa dalla mia, e non mi metto in concorrenza, ma sul piano di confronto e reciprocità.

 

3. La disponibilità al cambiamento. Si può instaurare un circolo virtuoso del dialogo:

a.  Noi ci partecipiamo la nostra realtà profonda.

b. Noi ci partecipiamo la nostra reazione, e ci comunichiamo fino a che punto siamo disposti a venirci incontro.

 

4. Sincerità e fiducia. Tolgo ogni maschera, ed accetto di essere vulnerabile di fronte a te. Mi nascondi qualche aspetto della tua personalità? Ho delle maschere nei tuoi riguardi?

 

5. Il dialogo poi si manifesta in due forme importanti:

A. Verbale. Parlare di tutto:

a. di me (sogni, progetti, sentimenti: ansie, paure, emozioni )

b. di noi: progetti comuni, figli, famiglie di origine, amici, tempo libero, bilancio familiare, decisioni nelle spese )

 

B. Non verbale. Capire l'altro anche nei suoi segnali ("Per favore, ascolta ciò che non dico")

 

 

 

 

Spiritualità familiare 2008 - 2009

4° incontro

 

Le decisioni.

Sappiamo prenderle insieme?

 

Le decisioni migliori sono quelle prese insieme

Decidere è un momento fondamentale della nostra vita. Non ci sono corsi da seguire su questo argomento. È probabile che non abbiamo mai discusso insieme per esaminare il nostro modo di fare: se è buono, se possiamo migliorarlo, cos'è essenziale, cosa interviene nel nostro modo di fare.  Potremmo aver bisogno di chiedere consiglio o leggere qualcosa sull'argomento. Ma se lasciamo andare le cose supponendo di far bene, noi non sfruttiamo appieno le nostre capacità.

 

Se accetto un impiego che comporta delle ore di lavoro supplementari e una maggiore tensione, posso sì portare a casa più soldi per pagare le fatture, ma creo anche un ostacolo all'armonia del nostro matrimonio. Non sono a casa tutto quel tempo che ci dovrei essere, Oppure, quando ci sono, arrivo esausto, incapace di dare ciò che la mia sposa si attende da me.

Una buona decisione tiene conto dei risultati così come degli effetti a lungo termine. Cosa dire delle decisioni che si prendono insieme? Esse aumentano in noi il senso di solidarietà, la coscienza di non essere soli; ne condividiamo i successi e i fallimenti. Cresciamo in intimità e sperimentiamo la gioia di essere uniti.

Le lezioni di musica dei bambini di Lucia e Ugo provocavano dei conflitti. Lucia aveva a cuore che i bambini studiassero tutti la musica. Ugo non si era mai opposto ma era meno entusiasta. Vedeva il progetto sensato, era incline ad accettarlo perché Lucia ci teneva molto. D'altra parte però non aveva tanta voglia di sentire quel chiasso rientrando a casa la sera. Allora ne hanno discusso a lungo e Ugo ha scoperto che Lucia da bambina aveva studiato musica traendone grande soddisfazione. Perciò desiderava che i suoi figli provassero lo stesso piacere. Non SI trattava quindi solo di lezioni che servano a coltivare i talenti dei figli.  Appena Ugo ha preso coscienza del punto di vista di Lucia, la situazIone è cambiata.

Se i nostri scopi entrano in conflitto in diversi settori, allora le nostre decisioni saranno di questo genere: «io ho ceduto l'altra volta, adesso tocca a te».

 

Nel prendere decisioni teniamo conto dei nostri sentimenti?

I sentimenti sono una parte importante della nostra vita. Bisogna tenerne conto in ogni decisione.

Una certa somma di denaro di fatto è sufficiente a Gina per la spesa settimanale, ma lei può sentirsi molto angosciata nel fare i calcoli con i soldi che Gianni le deve dare. Se devono andare a far visita alla mamma di Gina, Gianni è talmente teso e arrabbiato che si sente male pensando alla suocera.

Dovendo affrontare una decisione dobbiamo tener conto dei nostri sentimenti. Altrimenti potremmo prendere una decisione ragionevole per se stessa, ma non buona per noi.

Silvia e Giovanni stanno esaminando se prendere una decisione che li porterà a dover risparmiare per diversi anni; dopo di che la loro situazione finanziaria tornerà di nuovo buona.  Però se la preoccupazione costante di economizzare creerà in loro angoscia e frustrazione, può darsi che il loro matrimonio ne risentirà. Devono prevedere quali saranno i loro sentimenti. Può anche essere che la cosa sia meno tragica, e che l’uno o l’altro, invece di provare angoscia, provi solo qualche disagio. Occorrer parlarne. Discutere non significa cambiare la decisione. La discussione permetterà di trovare la soluzione a questo disagio.

Se i sentimenti non vengono considerati nel momento in cui si decide, tornano fuori più avanti provocando dei problemi.

Marta era contenta quando arrivava il momento in cui. lei e Luca insieme andavano a passare la serata dai loro amici. In questi incontri si divertivano. Luca però non aveva sempre voglia di queste serate. Marta allora Si rassicurava dicendo che gli uomini sono fatti così. Una sera mentre lei canticchiando si dava l’ultimo colpo di spazzola ai capelli, Luca scoppia. Lei gli risponde: «Perché vuoi guastarmi la serata ? Abbiamo una bella occasione di fare un'uscita di coppia». Lui le dice: «Esatto, noi non siamo una coppia! È la tua serata, Non sono niente. lo mi annoio a morte in queste serate. Non faccIo che accompagnarti, sono l'autista, faccio parte del decoro. Non ho mai mente da dire; mi si dice dove andremo e quel che faremo. Come pensi che io mi senta? Comunque... andiamo... che è l’ora di andare».  La serata non fu per niente piacevole ne per l’uno ne per l'altra. Marta provò rabbia per l'uscita guastata. Al ritorno e il giorno successivo, Si mise a riflettere su quello che Luca aveva detto. Cominciò a capire quello che lui sentiva. Al suo ritorno dal lavoro lei gli disse: «Ti ho capito. È giusto. In futuro parleremo insieme di come ci sentiamo riguardo all'andare a far visita alle nostre famiglie o dagli amici. No, tu non sei davvero il mio autista o una parte del decoro. Forse non te l'ho mai dimostrato chiaramente, ma ci tengo a essere con te. Grazie per avermi aperto gli occhi».

Dobbiamo confrontarci sui nostri sentimenti. Se io riconosco che i miei sentimenti stanno giocando un ruolo importante nelle mie decisioni, anche il mio coniuge è aiutato a diventarne cosciente.  Egli mi può aiutare a essere più sincero con me stesso. E sarà qualcosa dl meraviglioso per noi. Potremo aiutarci a vincere l'illusione di aver deciso non in base ai sentimenti, ma a validi ragionamenti; e questo aiuto è un dono vicendevole.

 

Qual è l’obiettivo di ogni discussione e di ogni decisione in famiglia?

L'obiettivo di ogni decisione di coppia non è trovare ciò che è meglio per te o per me, ma ciò che è meglio per noi due. Naturalmente se io cerco quello che è meglio per te la nostra relazione ne sentirà beneficio. Ma se la decisione viene presa in termini di ciò che è meglio per noi sarà anche meglio per te e per me.

Noi dobbiamo affrontare la decisione come due individui non interessati alla decisione in se ma alla crescita del nostro rapporto. La nostra principale preoccupazione è nel nostro essere coppia. L' obiettivo del matrimonio è diventare «due in una sola carne». Certamente non perdiamo la nostra identità propria; infatti occorrono due «io» per fare un «noi». La nostra unità di coppia è da costruire ogni giorno, e un buon mezzo per realizzare questa unità è decidere insieme. Quando riusciremo a far questo, noi inizieremo un'avventura che renderà il nostro matrimonio più entusiasmante che mai.

 

 

 

 

 

 

 

5° incontro

Il litigio     Quali ne sono le cause?

 

I litigi hanno anche una valenza positiva?

Chiediamoci se l'assenza di scontri è una garanzia della riuscita del matrimonio. Uno è tentato di pensarlo. Dopo tutto discutere non piace a nessuno. Litigare ci tocca, ci fa male e ci lascia il segno nel profondo. Questa pena può ridurre il dialogo tra gli sposi.

In una relazione tranquilla non ci sono ferite vive. In una coppia che non conosce il litigio c'è una forte dose di sopportazione; i coniugi hanno imparato a tacere e a dominarsi. Stanno bene attenti a non smuovere le acque.

Tutto questo è cosa buona, ma che prezzo pagano per questa tranquillità? In questo modo sono meno coinvolti l'uno verso l'altro. Reprimono i loro pensieri e i loro sentimenti e non sono affatto aperti né onesti l'uno con l'altro. La pace ad ogni costo è una tentazione, ma non è una buona idea. Le coppie imparano a non dirsi le cose, imparano in qualche modo a «barcamenarsi» ed evitano gli argomenti esplosivi. La loro relazione dunque non è completa, perché certi discorsi si affrontano solo superficialmente o si evitano del tutto.

Il litigio non comincia con la prima parola di collera, ma è provocato dall'atmosfera creata da una certa situazione. Una lente di ingrandimento messa sopra un mucchio di paglia quando l'intensità del sole è molto forte, fa m modo che prima o poi la paglia si incendi. Il fuoco non è causato dalla lente ma dalle condizioni esistenti.

Così la persona che sembra abbia provocato una discussione non ne è per forza la responsabile. È il suo partner che può aver creato l' atmosfera rendendo inevitabile lo scontro. Quando il primo esplode, l'altro può tirarsi indietro come una vittima.

 

Quali sono le cause dei nostri litigi?

Ci sono molti modi per provocare un litigio. Noi per esempio facciamo delle cose che dispiacciono all' altro anche se lo sappiamo bene; affrontiamo una questione delicata o entriamo in un argomento importante nel momento sbagliato, stanchiamo l' altro con domande incessanti o diecimila piccole lamentele. Facciamo capire all'altro che ce l'abbiamo con lui, ma ci rifiutiamo di parlarne. Ci rintaniamo nei nostri settori facendo solo quello che ci interessa e ignorando l'altro. Per raggiungerci, il partner non può far altro che provocare una scenata.

È facile trovare la causa di un litigio in qualcosa che l'altro ha fatto o detto, o che non ha fatto. Vedo molto bene la tua responsabilità nei nostri conflitti, ma non la mia. Per giunta considero la mia reazione come inevitabile e tutto sommato minima. lo non faccio altro che difendermi, io reagisco contro una richiest1 inaccettabile, io sono esasperato; io faccio solo e semplicemente ciò che ogni essere ragionevole farebbe in simili circostanze. A sentir me, sarei l'innocenza in persona! In realtà qualsiasi litigio è riconducibile al fatto che siamo portati a considerare immutabili le nostre posizioni su alcuni argomenti. Avviamo la conversazione convinti che noi siamo nel giusto.

Eppure finche considereremo inattaccabili le nostre posizioni non potremo mai affrontare certi discorsi.

Molti scontri nascono perché cerchiamo di fare del nostro coniuge il marito o la moglie che noi vorremmo che fosse. La ragione? Vediamo che il nostro coniuge non corrisponde ai criteri ideali che abbiamo della moglie o del marito. E quindi troviamo da ridire su tutto. Non accettiamo la persona amata così com'è.

 

Quali le conseguenze positive dei nostri litigi?

Una buona litigata tra gli sposi può essere più benefica di un muro che li separa e che rende la loro vita fredda e insipida. Certamente la colpa più grave all'interno di un conflitto è voler ferire l'altro. Il vecchio detto che dice «non si fa del male che all'essere amato» è vero, perché solo la persona amata ci permette di avvicinarci tanto intimamente da scoprire i suoi punti deboli e particolarmente sensibili.

 

Uno dei lati positivi di una discussione è che si risana l'atmosfera. La rabbia accumulata nell'uno o nell'altro o in ambedue, che ci allontanava l'uno dall'altro, alla fine scoppia. Prendere coscienza e parlare apertamente di ciò che ha causato il disaccordo è certamente un elemento positivo. Una volta liberi dal malinteso possiamo di nuovo affrontare il problema.

 

Gaetano è un bonaccione. Il suo umore sempre uguale è stata una delle cose che più ha affascinato sua moglie Lucia; ma a volte questo umore sempre uguale la manda fuori di se. Non sa più come fare. A volte scopre solo qualche settimana più tardi che Gaetano si era arrabbiato.

Un giorno Gaetano scoppia: «Lucia, ma non ti finisce mai il fiato? Ho cercato di dirti tante volte della mia nuova destinazione al lavoro, e come questo mi rende nervoso. Avrei voluto parlarne con te. Ma tu non ti fermi mai! Non c'è la possibilità di dire una parola! È sempre un bla bla bla senza sosta. Per me è come se avessi sposato un registratore».

Lucia resta come interdetta poi ribatte con forza: «Così ti sei deciso a parlare! Come pretendevi che io l'indovinassi? Ho forse la capacità di leggere nel pensiero?» Entrambi si lasciano prendere dalla rabbia per un po', poi si calmano. La frustrazione di Gaetano però è venuta fuori. Lucia ha capito che in futuro deve essere più attenta, perché anche se Gaetano non parla non significa necessariamente che non abbia niente da dire!

 

Quali errori evitare nei litigi?

La cosa peggiore in un litigio è quella di non terminarlo. Niente di più terribile di una richiesta di armistizio senza una pace reale. Il «cessate il fuoco» è solo provvisorio. Ed è davvero un male quando una coppia esausta e frustrata cessa dI lItIgare solo per riarmarsi e fare «scorta di munizioni». Se c'è lotta, essa deve essere portata fino alla fine. Se rimane a metà, i due partners si rendono conto - almeno istintivamente - che ricominceranno ancora, e poi ancora.

Sia che si tratti di un dato argomento o di un aspetto della nostra relazione, sappiamo già che ogni volta che il problema si presenterà, ricominceremo a litigare.

Dobbiamo quindi restare nella 'battaglia' e portarla a termine per poterci ritrovare. Proprio perché la discussione deve servire a questo.

 

Possiamo anche domandarci: «Se guardassi le cose dal suo punto di vista, troverei importante fare quella cosa o l'altra?» Se potessimo lasciare anche solo per un momento la nostra ottica e vedere le cose con gli occhi dell'altro, certamente saremmo aiutati ad essere più ragionevoli, più comprensivi, più calorosi e più gentili.

Ci aiuterebbe anche a dare un'altra dimensione alle cose. Quando iniziamo una discussione perché siamo stati offesi, noi seguiamo i nostri sentimenti e vogliamo farla pagare all'altro. La sua bontà o i suoi meriti non contano più in quel momento. Tutto ciò che vediamo è solo il male che ci ha fatto, i suoi sbagli, i suoi difetti. , Dovremmo invece distaccarci un attimo e tornare a «prima dell'offesa» ; dovremmo esaminarci per scoprire quali nostri atteggiamenti provocano le discu-ssioni e come possiamo cambiare.

Uno dei peggiori errori che possiamo commettere in ogni relazione umana, e in particolar modo in quella matrimoniale, è quello di voler cambiare l' altro. È questo in effetti la sorgente di molti conflitti che, una volta accesi, possono allargarsi a causa di questo atteggiamento. Dobbiamo quindi prendere la decisione di non cercare di cambiarci reciprocamente, e di prenderne coscienza quando cerchiamo di farlo

 

 

 

 

 

 

6° incontro

 La riconciliazione.     So fare il primo passo?

 

Un litigio non finisce per caso, né perché uno dei due ha convinto del tutto l'altro. Finisce solo quando i due sposi hanno deciso di unirsi di nuovo e di dimenticare ciò che è successo. Questa decisione non è mai facile, sia che la prendiamo all'inizio di uno scontro o che la prendiamo dopo un po' di tempo.

Non c'è nessuna formula magica che può fermarmi nella discussione. Niente di quello che tu puoi dirmi mi farà cambiare opinione. Devo veramente scuotermi e decidere se preferisco avere ragione o preferisco amarti ed essere amato. Questo è il punto fondamentale.

Se cessiamo le ostilità e ci riconciliamo solo fino a un certo punto succede che io mi aspetto che prima o poi tu infranga il “cessate il fuoco” e che ricominci ad attaccare, o ad agire come prima. Se non ho piena fiducia in questo primo stadio della nostra nuova relazione, vuol dire che sono ancora incentrato su di me, sul dove sono io e sul come mi sento, non ci sarà vera guarigione finche ciascuno non penserà all’altro e non darà più importanza alla sofferenza dell’altro che alla propria. 

Quando decidiamo di essere nuovamente coppia, dobbiamo farlo in maniera visibile per l' altro e non solo con lo scopo di una soddisfazione personale. In verità il desiderio di fare la pace deve essere espresso così esplicitamente come sono state esplicite le cose sgradevoli che ci siamo detti l'ultima mezz'ora o gli ultimi tre giorni. Dato che una delle ragioni principali di un litigio è la nostra convinzione che l' altro non ci ascolta e non capisce quel che ci succede, dobbiamo ugualmente assicurarci che il nostro coniuge ci ascolti quando desideriamo fare la pace.

 

Come costruire una vera riconciliazione?

Uno dei modi migliori per evitare i conflitti è quello di non tenersi dentro nulla. Ogni volta che c'è un malinteso tra noi, ogni volta che noto un po' di freddezza, devo parlarne apertamente con te. Ci comprenderemo meglio se, al posto di voler risolvere qualcosa, cercheremo di scoprire cosa si nasconde dietro il punto di vista dell’altro, cosa è importante per lui. Lo scopo non è quello di cambiarci reciprocamente, ma di accrescere la nostra comprensione e la nostra conoscenza reciproca.

C’è un altro modo per evitare i conflitti o almeno diradarli: quando ci rendiamo conto che la situazione è tesa, abbiamo bisogno di un contatto fisico. Mi sarà molto difficile sentirmi distaccato da te se ci tocchiamo.

 

A Ida succedeva di punzecchiare Gino davanti agli altri, a proposito dei suoi rapporti con la madre. E questo dispiaceva moltissimo a suo marito e lo irritava. Ida, vedendo che questo lo colpiva, non si lasciava andare spesso a questo 'gioco', ma a volte era più forte di lei. Quando le accadeva di farlo si scusava poi con lui, pensando che così, tutto fosse risolto. Ma una sera capi subito che il suo punzecchiare colpiva Gino molto più profondamente di quanto lei credesse. Gli disse: «Gino, sono pentita, mi dispiace. Sono stata molto insensibile e non mi sono per niente preoccupata dei tuoi sentimenti. Ero solo rattristata perché ti eri irritato con me, ma non mi ero preoccupata veramente. Mi rendo conto solo ora di come ti ho trattato male e mi vergogno tantissimo. Ti prego, perdonami».

Dobbiamo guarirci reciprocamente, incontrarci come persone e costruire di nuovo la nostra unità. E questo va ben al di là di una semplice decisione di non restare più arrabbiati né offesi, né col muso, o di non ritirarsi piano piano dalla discussione.

La guarigione implica la riconciliazione. Gli sposi devono avere nuovamente piena coscienza uno dell'altro e ciascuno deve tener conto di più del dolore dell'altro che del suo. Entrambi devono voler sopprimere questa sofferenza e non solo ignorarla. Infine ciascuno deve assicurarsi che l'altro si senta davvero guarito.

 

La differenza tra “mi dispiace” e “perdonami”

I verbi «perdonare» e «dispiacere» esprimono due nozioni ben diverse. Ma se riduciamo questi due termini al significato di «essere dispiaciuto, essere desolato», eliminiamo una grande ricchezza e un aspetto molto significativo dalla nostra vita di coppia.

Quando dico “mi dispiace”, voglio dire che riconosco di aver sbagliato. Come marito o come moglie non avrei dovuto dire quello che ho detto. La sola cosa che mi resta da fare è quella di scusarmi con te. Quando mi dispiaccio per qualcosa, cerco generalmente di trovare una circostanza attenuante: forse ero stanco o contrariato, incurante o sbadato; avrei dovuto pensare che tu avevi avuto una giornata pesante; avrei dovuto ricordarmi che tu eri sensibile su quel punto, ma ora voglio che tu non dia molta importanza a quello che ho fatto. Senza dubbio mi vergognerò e considererò quello che ho fatto come indegno di me e non rispondente a ciò che tu giustamente ti aspetti da me. Quando dico “mi dispiace”, voglio che tu mi dica che tutto è tornato normale tra di noi. Voglio che tu mi dica di dimenticare tutto, che è finito e rimediato; ora che ho riconosciuto il mio errore è tutto a posto.

Il perdono è qualcosa di completamente diverso. Quando dico “mi dispiace” sono io il centro: quando dico 'perdonami' io metto l'accento su di te. Ricercando il perdono penso soprattutto alla nostra relazione e ammetto che essa è in pericolo a causa mia. La situazione presente è la conseguenza del mio agire; la nostra relazione si è incrinata a causa della mia insensibilità, della mia freddezza verso di te. Quello che mi

preoccupa non è tanto ciò che ho fatto io, ma è soprattutto sapere com' è il mio rapporto con te.

Chiedo perdono per aver danneggiato la nostra relazione e non tanto per ciò che ho fatto o non fatto, per quel che ho detto o non detto. Domandando perdono non cerco di scusarmi, cioè non ti chiedo di scusare il mio sbaglio.

È il caso di Vittorio che si dedicava di più al lavoro che a sua moglie Lina. Ed è anche il caso di Lina che viveva per i suoi bambini senza prendere del tempo per ascoltare Vittorio. È ancora il caso di Vittorio che si richiudeva in se stesso senza dare la possibilità a Lina di conoscerlo in profondità. Sono queste le vere violazioni di una relazione. che. hanno bisogno di essere perdonate e non semplicemente aggiustate.

Vittorio forse non si rende conto che la solitudine che vive Lina è dovuta al poco tempo che lui passa con lei; e da parte sua Lina non capisce che la sua mancanza di stima verso Vittorio è all'origine della pacata rassegnazione con cui lui si butta a corpo morto in un lavoro noioso e ingrato.

 

Le condizioni perché il perdono sia vero

Quando mi chiedi perdono, io devo porre la mia attenzione su di te e su noi. Non posso tener conto solo della mia sofferenza anche se è stata intensa. Se ti rispondo: «Lascia perdere», ti chiedo di non pensare più a quello che hai fatto; non ne parliamo più. L'ho dimenticato e ora possiamo ricominciare come se non fosse successo niente. Se ti rispondo: «Va bene», voglio dire che la cosa non mi ha veramente colpito, oppure che ho concluso che avevi avuto una giornata pesante; oppure quella cosa forse mi ha toccato ma non ci pensare più ora; possiamo dimenticarla. Rispondendoti «va bene, lascia perdere» nel momento in cui mi chiedi perdono, io non rispondo al tuo appello. Non ti do la possibilità di essere te stesso, e di desiderare di vedere pienamente ristabilita la nostra relazione. Mi concentro di più sulla cosa che su dite. Lascio capire che non ci tengo particolarmente a sentirti vicino a me, che il perdono è una cosa troppo intima, e interpreto le tue parole come una semplice scusa.

Le parole «ti perdono» hanno un senso assoluto e non possono essere accompagnate da riserve, da condizioni. Esse significano che siamo nuovamente uniti, ciascuno. nella sua entità. Tu sei mio marito, mia moglie in tutto il significato del termine, senza restrizione alcuna. Il padre del figlio prodigo non ha preso in considerazione quello che suo figlio aveva fatto; non ha fatto nessun paragone con l'altro figlio; ha visto solo il figlio che era ritornato.

 

 

 

 

 

7° incontro

 La riconciliazione.    So risolvere bene i conflitti?

 

Prima di perdonare ti chiedo di cambiare?

Uno dei segni che non si crede nell'altro e nella sua richiesta di perdono è di chiedergli che cambi il suo comportamento prima di perdonarlo. A dire il vero, già chiedendo perdono lui manifesta un cambiamento nel suo cuore. Ma noi non abbiamo sempre fiducia in questo cambiamento.

Ci succede di condizionare il nostro perdono alla promessa che non si ripeterà più quello che è successo. Alla richiesta che ci viene fatta rispondiamo «si vedrà, vedremo!..» oppure «lasciami un po' di tempo», o anche «come posso essere certo che non succederà più?». La richiesta che ti faccio di cambiare condotta, perché tu dia prova della tua sincerità, non ha alcuna giustificazione. Dovrei dire: «Ho fiducia in te, credo in te, ho fede in te». E invece faccio capire chiaramente che «caccerò dentro i miei artigli quando tu avrai dato prova di buona volontà»: E come dare fiducia a qualcuno e poi esigere da lui uno scritto. È chiaro che, chiedendo perdono, tu devi essere molto onesto, sincero e fermamente deciso ad evitare in futuro tutto ciò che potrebbe ferirmi. lo però non mi devo affannare di sapere se hai già fatto questa promessa in passato e se l’hai mantenuta. La sola cosa che mi devo chiedere ora è sapere se ti credo.

 

Perdonare se stessi, prima di chiedere perdono all’altro

Accettare di essere perdonati, e soprattutto di perdonare se stessi, sono gli ostacoli più grandi in ogni relazione, e specialmente in quella coniugale.

Mi è più facile, a volte, comprendere e perdonare te, rispondendo al tuo bisogno dopo che mi hai ferito, che comprendere e perdonare me stesso. Spesso non cesso di biasimarmi. Mi ripeto quanto sono stato cattivo, quale sbaglio ho commesso o quale pena ti ho dato. Perdo di vista la mia bontà reale.

Finché io non mi perdonerò, non potrò accettare il tuo perdono. lo non mi considero degno del tuo perdono. Come verso gli altri così anche verso di me, il perdono esige una mia decisione. Devo decidermi a farlo.

 

Gli effetti del perdono sulla vita di coppia

Maria era furiosa con Carlo che aveva permesso a loro figlio di prendere la macchina mentre lei glielo aveva proibito. Sapeva che Carlo, di lì a poco, le avrebbe voluto parlare, ma lei non era disposta ad ascoltarlo.

Stava bene neLla sua collera, che si attizzava come fuoco man mano che ripensava a ciò che suo marito aveva fatto. Eppure sapeva che si sarebbe calmata quando avrebbe pensato a lui come persona e non al fatto in se stesso. Ed era questo il peggio. Ma perché? In fondo bollire di rabbia non era poi una situazione molto invidiabile! Anche se si sentiva bene in questa situazione bellicosa, capì che non le portava alcun vantaggio, Pensò quindi a Carlo, così generoso e buono che avrebbe dato via anche la camicia, E proprio questo spiegava il perché aveva prestato la macchina al figlio, Carlo comprendeva molto bene il figlio e sua moglie, non le aveva mai fatto osservazioni sui suoi capricci e sul suo umore variabile. Lei gli aveva parlato così aspramente, che lui era rimasto davvero colpito, Lo guardò e non potè resistere al bisogno di andare a sedere accanto a lui e dirgli: «Vieni, non ti sgrido più, Ti voglio bene, Come ti amo!»

Il perdono ci avvicina e rinforza la nostra relazione. Ci rende anche coscienti della realtà dell'altro. Chi riceve il perdono è come soggiogato e impressionato dalla misericordia e dalla generosità della persona amata.

 

È difficile perdonarsi senza toccarsi. Se cerchiamo di immaginare la scena del ritorno del “figlio prodigo” non riusciremmo a vederne il momento della riconciliazione senza l'abbraccio del padre con il figlio.

Ti perdono con tutto me stesso; e quando ricerco il perdono, il tuo braccio attorno a me mi dona la protezione e la forza di cui ho bisogno. Un perdono, sia per chi lo chiede sia per chi lo da, non si accontenta delle parole; richiede un modo particolare di essere espresso che include tutto l’essere mio.  Le parole che vengono dette sono così profonde che per essere credute hanno bisogno della realtà concreta di un contatto. Quando mi chiedi perdono la tua mano che mi stringe mi fa capire che tu ci tieni ad essere perdonata. Il contatto fisico appare dunque come l' aspetto tangibile del perdono ce mi stai donando

 

Parlare del perdono, non solo darlo

Uno dei più bei regali che possiamo fare al nostro coniuge è quello di fargli capire chiaramente tutta l’importanza che ha per noi, tutto il suo apporto alla nostra vita, e quanto questa è diversa proprio grazie a lui. Uno dei modi per farlo è ricordare insieme i momenti di perdono e di riconciliazione.

Troppo spesso infatti parliamo di questo e di quello e non, sappiamo scegliere gli argomenti che potrebbero grandemente arricchire la nostra relazione. Eppure avremmo forse tanta voglia di parlarne.

 

“Perdonare” e “dimenticare”

Uno degli aspetti più difficili del perdono è senza dubbio il riuscire a dimenticare. Donandoti il perdono totale è come se dicessi: «A partire da ora ricorderò non la mia sofferenza, ma la tua bontà nell'aver cercato il mio perdono». Quando chiediamo semplicemente scusa, ci riserviamo il diritto di ricordarci ciò che abbiamo subito e l'effetto che ha prodotto. Perdonando, rinunciamo a questo diritto. E questo è l'aspetto più bello del perdono.

Possiamo esercitare la nostra memoria a far sì che, quando ci torna in mente quell’avveni-mento doloroso, ripensiamo soprattutto al momento del perdono, al caldo riavvicinamento dell’altro e alla sua bellezza. Se invece ripensiamo di più alla nostra sofferenza, dovremmo noi chiedere perdono di non avere veramente perdonato la volta precedente.

 

 

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 20-02-14