Archivio documenti ed attività per la
Catechesi per adulti

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

1° INCONTRO

L’Uomo è “capace di Dio”

 

1. Qual è il disegno di Dio per l'uomo?

Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà ha liberamente creato l'uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Nella pienezza dei tempi, Dio Padre ha mandato suo Figlio come redentore e salvatore degli uomini caduti nel peccato, convocandoli nella sua Chiesa e rendendoli figli adottivi per opera dello Spirito Santo ed eredi della sua eterna beatitudine.

2. Perché nell'uomo c'è il desiderio di Dio?

Dio stesso, creando l'uomo a propria immagine, ha iscritto nel suo cuore il desiderio di vederlo. Anche se tale desiderio è spesso ignorato, Dio non cessa di attirare l'uomo a sé, perché viva e trovi in lui quella pienezza di verità e di felicità, che cerca senza posa. Per natura e per vocazione, l'uomo è pertanto un essere religioso, capace di entrare in comunione con Dio. Questo intimo e vitale legame con Dio conferisce all'uomo la sua fondamentale dignità.
3. Come si può conoscere Dio con la sola luce della ragione?

Partendo dalla creazione, cioè dal mondo e dalla persona umana, l'uomo, con la sola ragione, può con certezza conoscere Dio come origine e fine dell'universo e come sommo bene, verità e bellezza infinita.

4. Basta la sola luce della ragione per conoscere il mistero di Dio?

L'uomo, nel conoscere Dio con la sola luce della ragione, incontra molte difficoltà. Inoltre non può entrare da solo nell'intimità del mistero divino. Per questo, Dio l'ha voluto illuminare con la sua Rivelazione non solo su verità che superano la comprensione umana, ma anche su verità religiose e morali, che, pur accessibili di per sé alla ragione, possono essere così conosciute da tutti senza difficoltà, con ferma certezza e senza mescolanza di errore.
5. Come si può parlare di Dio?

Si può parlare di Dio, a tutti e con tutti, partendo dalle perfezioni dell'uomo e delle altre creature, le quali sono un riflesso, sia pure limitato, dell'infinita perfezione di Dio. Occorre, tuttavia, purificare continuamente il nostro linguaggio da quanto contiene di immaginoso e imperfetto, ben sapendo che non si potrà mai esprimere pienamente l'infinito mistero di Dio.

 

 

 

Rapporto tra ragione e fede

Un discorso iniziale sulla fede deve partire dal togliere alcuni dubbi di fondo, che riguardano non tanto i singoli punti della fede, ma le condizione perché possano venire affrontati.

Ed il primo punto è l’uso della ragione nella nostra fede. Lascio qualche proposta, per poter poi dialogare insieme:

§         la ragione è indispensabile come base, fondamento della fede (la fede in quanto tale non è ragione, ma è adesione di vita, innamoramento. La fede però non può esistere se prima non è stata capita, cioè scelta liberamente, perché in caso contrario non sarebbe innamoramento, ma obbligo)

§         la ragione non deve capire ogni punto della fede, ma deve capire che non è assurdo credere nei punti basilari, anzi, che vale la pena crederli

§         la ragione può capire l’esistenza di Dio, non la Sua essenza. Nello stesso tempo la ragione può servirsi della Rivelazione, che racconta chi è Dio, comprendendo che non è assurda, ma credibile

§         l’uso della ragione come punto di partenza del cammino di fede esclude l’integralismo, perché capisco che ciò che credo non è assurdo, ma non è neppure dimostrabile scientificamente, cioè in modo tale da dover essere accolto da ogni persona intelligente

 

 

 

 

Il problema del linguaggio umano nella Teologia

La nostra ragione può capire molto della fede, e può condividere quanto ha capito. Ma nel momento della condivisione si urta contro uno scoglio: il linguaggio.  È una mediazione indispensabile, ma per sua natura tradisce un po’ il pensiero, perché non è sempre facile tradurre quanto si percepisce in parole comprensibili. Sorgono allora alcuni problemi:

§         da parte di chi parla: non riesce a tradurre in parole il suo pensiero

§         da parte di chi ascolta: non riesce a mettersi in sintonia con chi parla, perché dà ai termini un significato diverso

§         da parte del linguaggio stesso: perché quella particolare cultura  non ha espresso dei ter-mini chiari su quell’argomento (esempio persona, natura, sostanza, transustanziazione…)



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

2° INCONTRO 

Dio viene incontro all’uomo

 

6. Che cosa Dio rivela all'uomo?

Dio, nella sua bontà e sapienza, si rivela all'uomo. Con eventi e parole rivela Se stesso e il suo disegno di benevolenza, che ha prestabilito dall'eternità in Cristo a favore dell'umanità. Tale disegno consiste nel far partecipare, per la grazia dello Spirito Santo, tutti gli uomini alla vita divina, quali suoi figli adottivi nel suo unico Figlio.

7. Quali sono le prime tappe della Rivelazione di Dio?

Dio, fin dal principio, si manifesta ai progenitori, Adamo ed Eva, e li invita ad un'intima comunione con lui. Dopo la loro caduta, non interrompe la sua rivelazione e promette la salvezza per tutta la loro discendenza. Dopo il diluvio, stipula con Noè un'alleanza tra lui e tutti gli esseri viventi.

8. Quali sono le tappe successive della Rivelazione di Dio?

Dio sceglie Abram chiamandolo fuori del suo Paese per fare di lui «il padre di una moltitudine di popoli» (Gn 17,5), e promettendogli di benedire in lui «tutte le Nazioni della terra» (Gn 12,3). I discendenti di Abramo saranno i depositari delle promesse divine fatte ai Patriarchi. Dio forma Israele come suo popolo di elezione, salvando lo dalla schiavitù dell'Egitto, conclude con lui l'Alleanza del Sinai e, per mezzo di Mosè, gli dà la sua Legge. I Profeti annunziano una radicale redenzione del popolo e una salvezza, che includerà tutte le Nazioni in una Alleanza nuova ed eterna. Dal popolo d'Israele, dalla stirpe del re Davide nascerà il Messia: Gesù.

9. Qual è la tappa piena e definitiva della Rivelazione di Dio?

È quella attuata nel suo Verbo incarnato, Gesù Cristo, mediatore e pienezza della Rivelazione. Egli, essendo l'Unigenito Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola perfetta e definitiva del Padre. Con l'invio del Figlio e il dono dello Spirito la Rivelazione è ormai pienamente compiuta, anche se nel corso dei secoli la fede della Chiesa dovrà coglierne gradualmente tutta la portata.

10. Quale valore hanno le rivelazioni private?

Pur non appartenendo al deposito della fede, esse possono aiutare a vivere la stessa fede, purché mantengano il loro stretto orientamento a Cristo. II Magistero della Chiesa, cui spetta il discernimento di tali rivelazioni private, non può pertanto accettare quelle che pretendono di superare o correggere la Rivelazione definitiva che è Cristo.

11. Perché e in qual modo la Rivelazione divina va trasmessa?

Dio «vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4), cioè di Gesù Cristo. Per questo è necessario che Cristo sia annunciato a tutti gli uomini, secondo il suo stesso comando: «Andate e ammaestrate tutte le Nazioni» (Mt 28,19). È quanto si realizza con la Tradizione Apostolica.

12. Che cos'è la Tradizione Apostolica?

La Tradizione Apostolica è la trasmissione del messaggio di Cristo, compiuta, sin dalle origini del cristianesimo, mediante la predicazione, la testimonianza, le istituzioni, il culto, gli scritti ispirati. Gli Apostoli hanno trasmesso ai loro successori, i Vescovi, e, attraverso questi, a tutte le generazioni fino alla fine dei tempi, quanto hanno ricevuto da Cristo e appreso dallo Spirito Santo.

13. In quali modi si realizza la Tradizione Apostolica?

La Tradizione Apostolica si realizza in due modi: con la trasmissione viva della Parola di Dio (detta anche semplicemente la Tradizione), e con la Sacra Scrittura, che è lo stesso annuncio della salvezza messo per iscritto.

14. Quale rapporto esiste fra la Tradizione e la Sacra Scrittura?

La Tradizione e la Sacra Scrittura sono tra loro strettamente congiunte e comunicanti. Ambedue rendono presente e fecondo nella Chiesa il mistero di Cristo e scaturiscono dalla stessa sorgente divina: costituiscono un solo sacro deposito della fede, da cui la Chiesa attinge la propria certezza su tutte le verità rivelate.

15. A chi è affidato il deposito della fede?

Il deposito della fede è affidato dagli Apostoli alla totalità della Chiesa. Tutto il popolo di Dio, con il senso soprannaturale della fede, sorretto dallo Spirito Santo e guidato dal Magistero della Chiesa, accoglie la Rivelazione divina, sempre più la comprende e la applica alla vita.

16. A chi spetta interpretare autenticamente il deposito della fede?

L'interpretazione autentica di tale deposito compete al solo Magistero vivente della Chiesa, e cioè al Successore di Pietro, il Vescovo di Roma, e ai Vescovi in comunione con lui. Al Magistero, che nel servire la Parola di Dio gode del carisma certo della verità, spetta anche definire i dogmi, che sono formulazioni delle verità contenute nella Rivelazione divina. Tale autorità si estende anche alle verità necessariamente collegate con la Rivelazione.
17. Quale relazione esiste tra Scrittura, Tradizione e Magistero?

Essi sono tra loro così strettamente uniti, che nessuno di loro esiste senza gli altri. Insieme contribuiscono efficacemente, ciascuno secondo il proprio modo, sotto l'azione dello Spirito Santo, alla salvezza degli uomini.

 

Oggetto e tappe della rivelazione divina

Dicevamo la volta scorsa che “la ragione può capire l’esistenza di Dio, non la Sua essenza. Nello stesso tempo la ragione può servirsi della Rivelazione, che racconta chi è Dio, comprendendo che non è assurda, ma credibile”.  E proprio questo è l’oggetto della rivelazione di Dio: Lui stesso.  Partendo da questo, si comprende anche il secondo oggetto della rivelazione, che è la realtà dell’uomo, Sua creatura, Suo figlio.

La rivelazione di Dio è un cammino pedagogico, ha perciò delle tappe, come ogni pedagogia (al bambino si dice la verità, ma non tutta la verità: la storia studiata nelle elementari ha lo stesso oggetto della storia che si studia all’università, ma non ha la stessa profondità né lo stesso metodo). Ecco allora le tappe della Rivelazione, che parte dalla natura stessa (i primi uomini hanno coscienza che esiste un Dio, capito attraverso la natura), passa attraverso una rivelazione iniziale a Abramo, e poi a Mosè ed ai Profeti (la coscienza di un Dio unico, e liberatore di un popolo amato in modo particolare), raggiunge la Sua pienezza in Cristo, che è Dio-Figlio diventato uomo (Dio è Padre, Trinità, amore infinito di Dio per l’umanità intera…)

 

Rapporto tra Sacra Scrittura, Tradizione e Magistero

Questa rivelazione raggiunge l’uomo attraverso forme diverse, vista la sua ricchezza e complessità. È trasmessa anzitutto attraverso queste due manifestazioni: quella orale, cioè la Tradizione (in latino significa semplicemente “trasmissione”) e quella scritta, cioè la S. Scrittura. La Parola di Gesù e la riflessione degli Apostoli su di essa è stata anzitutto trasmessa oralmente, solo in un secondo tempo (dai 20 ai 70 anni dopo la morte del Signore) messa per iscritto. Ancora oggi noi consociamo la rivelazione di Gesù, cioè quanto Dio diventato uomo ci vuole comunicare, attraverso queste due manifestazioni, perché la S. Scrittura non dice tutto, ma solo i principi fondamentali, mentre la comunità della Chiesa che nella sua storia ha riflettuto e meditato, e continua a riflettere e meditare, ci aiuta ad applicare questa Parola alla vita quotidiana.

Vicino a queste due manifestazioni, la rivelazione si trasmette anche attraverso il Magistero, che non ha il compito di portare delle novità (la rivelazione è completa in sé), ma di aiutare i credenti a comprendere in modo autorevole la Parola di Dio. Non è esatto dire che il Magistero “interpreta”, è meglio dire che ci aiuta a non interpretare, ma a raggiungere il pensiero esatto dello scrittore sacro, e dunque di Gesù.

 

Le “rivelazioni private”

Una parola su questo aspetto marginale, ma che prende molta attenzione e curiosità. L’unica rivelazione cristiana è quella lasciataci da Gesù attraverso i Suoi Apostoli. Nulla si può aggiungere, togliere o mutare, e chi pretende di farlo esce dalla comunità dei discepoli di Gesù.

D’altra parte la comunità della Chiesa è Tradizione viva, dunque può approfondire, capire meglio. Ci può essere qualche persona che con delle “ispirazioni divine” aiuta la comunità intera in questa migliore comprensione.  Queste ispirazioni hanno però delle caratteristiche:

§         non è obbligatorio accettarle (se non la accolgo non esco dalla comunità  dei discepoli, come avverrebbe se non accettassi la Parola di Dio, o una proposta del Magistero).

§         devono essere approvate dal Magistero

§         non possono dire cose diverse, né tanto meno contrarie, alla Parola di Dio

 

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

3° INCONTRO – 4  novembre 2008

La Sacra Scrittura


18. Perché la Sacra Scrittura insegna la verità?

Perché Dio stesso è l'autore della Sacra Scrittura: essa è perciò detta ispirata e insegna senza errore quelle verità, che sono necessarie alla nostra salvezza. Lo Spirito Santo ha infatti ispirato gli autori umani, i quali hanno scritto ciò che egli ha voluto insegnarci. La fede cristiana, tuttavia, non è «una religione del Libro», ma della Parola di Dio, che non è «una parola scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente» (san Bernardo di Chiaravalle).

19. Come leggere la Sacra Scrittura?

La Sacra Scrittura deve essere letta e interpretata con l'aiuto dello Spirito Santo e sotto la guida del Magistero della Chiesa, secondo tre criteri: 1) attenzione al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura; 2) lettura della Scrittura nella Tradizione viva della Chiesa; 3) rispetto dell'analogia della fede, cioè della coesione delle verità della fede tra di loro.

20. Che cos'è il cànone delle Scritture?

Il cànone delle Scritture è l'elenco completo degli scritti sacri, che la Tradizione Apostolica ha fatto discernere alla Chiesa. Tale cànone comprende 46 scritti dell' Antico Testamento e 27 del Nuovo.

24. Quale funzione ha la Sacra Scrittura nella vita della Chiesa?

La Sacra Scrittura dona sostegno e vigore alla vita della Chiesa. È, per i suoi figli, saldezza della fede, cibo e sorgente di vita spirituale. È l'anima della teologia e della predicazione pastorale. Dice il Salmista: essa è «lampada per i miei passi, luce sul mio cammino» (Sal 119,105). La Chiesa esorta perciò alla frequente lettura della Sacra Scrittura, perché «l'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo» (san Girolamo).

 

Possiamo credere nella Sacra Scrittura?

Quello che abbiamo oggi, siamo certi che è esattamente quanto è stato scritto dagli autori sacri (anche se non siamo certi che siano le esatte parole di Gesù, né l’esatta cronologia, ecc. secondo il modo ebraico di pensare e di scrivere). 

Questa certezza nasce anzitutto dal fatto che abbiamo un numero enorme di codici (cioè di papiri e pergamene antichi), soprattutto se li compariamo con quelli delle opere classiche latine e greche.  Ecco una ricerca come esempio:

Nuovo Testamento:

Papiri: 29, dal 2° al 5° secolo

Pergamene “Maggiori” (più antiche, scritte con caratteri maiuscoli): 13 del 4° secolo;    13 del 5° secolo;   22 del 6° secolo;   56 dal 7° al 10°.

Pergamene “Minori” (più tardive, scritte con caratteri minuscoli): circa 375 dal 9° al 14 secolo, con un’eccezione di una del 5°

De Bello Gallico di Giulio Cesare

I due codici più antichi sono pergamene del 9° secolo.  Gli altri sono più tardivi.

Opere di Virgilio

Pergamene “Maggiori”: 3 del 4° secolo (una di 75 pagine, una di 11 ed una di 8); 2 del 5° secolo, quasi complete;  1 del 9° secolo di 51 pagine.

Pergamene “Minori”: 19 importanti (tra il 9° ed il 14° secolo), alcune altre meno.

Opere di Sofocle

Papiri: 5 frammenti antichi: 1 del II sec. con 5 versetti; 1 del III sec. con 15 versetti; 1 del IV sec. con 24 versetti; 2 del V sec., con 23 e con 78 versetti

Pergamene: 1 del X° sec. ed 1 del XIII°

Dialoghi di Platone

Pergamene: 52, tutte tardive

 

Nasce poi dalla riflessione interna, comparandole con altre opere religiose delle varie culture. La differenza si nota nel fatto che tutte le altre sono proposte “naturali” cioè che l’uomo può raggiungere con la propria intelligenza (anche se in concreto solo pochi uomini particolarmente sensibili ed intelligenti le hanno raggiunte, e qui sta la loro importanza nella storia delle religioni e la loro possibilità di essere di vero aiuto a molte persone per raggiungere Dio, anche se in modo incompleto), mentre la S. Scrittura dice alcune cose (non tutte le sue pagine) che sono “divine” cioè che l’uomo non può capire da solo, ma solo Dio stesso le può raccontare (Trinità, paternità divina, amore divino fino al mettersi a servizio dell’uomo…)

 

Cosa vuol dire che è "ispirata dallo Spirito Santo"

Sia il popolo Ebraico che i cristiani hanno sempre creduto che la Bibbia fosse realmente "Parola di Dio", che cioè Dio ha "ispirato" gli scrittori perché trasmettessero il Suo messaggio con integrità e senza errori.

L'ispirazione non è dettatura, dunque non toglie la libertà dello scrittore, che mantiene la sua cultu­ra, il suo stile, il suo modo caratteristico di esprimersi. Solo in parte dunque può reggere l'esempio di chi scrive con una penna: la parola è stata scritta sia dallo scrittore che dalla penna, solo che quest'ultima è stata strumento inanimato, senza volontà. Lo scrittore biblico invece non è una penna nelle mani di Dio, ma un uomo, dunque libero, anche se i concetti gli sono ispirati da Lui. Conseguenza di questa realtà è il bisogno di comprendere ogni libro biblico nel suo contesto cultu­rale e nello stile di ogni scrittore.

Facciamo degli esempi: i libri più antichi risentono di uno stile talvolta mitologico così come scrivevano tutti gli scrittori semitici dell’epoca. Il "Mito biblico" non vuol dire falsità, ma trasmissione di una verità raccontata sotto forma di favo­la religiosa. Per esempio, le verità dei 5 miti dei primi 11 capitoli della Genesi sono: Dio ha creato il mondo (mito è il come l'ha creato); ha creato l'anima dell'uomo (mito è come ne abbia creato il corpo); l'uomo si è ribellato a Dio (mito è il come è avvenuto il peccato); Dio non vuole distruggere l'umanità anche se cattiva (mito è il come è avvenuta quella punizione, e la salvezza dell'umanità tramite l'arca di Noè); le differenze e le lotte tra i popoli sono frutto di una scelta umana e non di Dio (mito è il come è avvenuta questa differenziazione).

Oppure la verità dell’Esodo: Dio si è realmente interessato di questo popolo, liberandolo per farne un popolo che Lo conoscesse nella Sua realtà (monoteismo). Il mito è il passaggio dell’angelo sterminatore (una pestilenza di cui il popolo approfitta; il passaggio in quel modo del Mar Rosso (conoscenza di Mosè che sa portare il popolo ad un guado)…

Attenzione particolare all’uso dei numeri nella Bibbia (hanno quasi sempre un significato simbolico; esempio 40 = tanto quanto basta; 12 = popolo di Dio; 7 = perfezione, cioè Dio; 6 = imperfezione, cioè uomo; 10 = tanto; 100 e 1000 = tantissimo…)

Un altro esempio nei Vangeli: sono 4, raccontano gli stessi avvenimenti, eppure sono diversi. Ciò perché gli interessi degli scrittori erano diversi: Matteo scriveva per gli Ebrei diventati cristiani. Marco scrive a Roma per chi viene dal  paganesimo. Luca scrive con il suo stile dolce, che sottoli­nea soprattutto la misericordia di Gesù. Giovanni scrive molto più tardi degli altri, li vuole comple­tare, vuole dare una lettura spirituale del messaggio di Gesù. Ecco allora differenze tra gli scrittori: ciascuno sceglie tra gli avvenimenti quelli che più servono per il suo scopo, e li esprime col proprio stile e con la propria intelligenza.

 

 

 

 

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

4° INCONTRO  -  25 novembre 2008

Come leggere la S. Scrittura

 

21. Quale importanza ha l'Antico Testamento per i cristiani?

I cristiani venerano l'Antico Testamento come vera Parola di Dio: tutti i suoi scritti sono divinamente ispirati e conservano un valore perenne. Essi rendono testimonianza della divina pedagogia dell'amore salvifico di Dio. Sono stati scritti soprattutto per preparare l'avvento di Cristo Salvatore dell'universo.

22. Quale importanza ha il Nuovo Testamento per i cristiani?

Il Nuovo Testamento, il cui oggetto centrale è Gesù Cristo, ci consegna la verità definitiva della Rivelazione divina. In esso i quattro Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, essendo la principale testimonianza sulla vita e sulla dottrina di Gesù, costituiscono il cuore di tutte le Scritture e occupano un posto unico nella Chiesa.

23. Quale unità esiste fra Antico e Nuovo Testamento?

La Scrittura è una, in quanto unica è la Parola di Dio, unico il progetto salvifico di Dio, unica l'ispirazione divina di entrambi i Testamenti. L'Antico Testamento prepara il Nuovo e il Nuovo dà compimento all'Antico: i due si illuminano a vicenda.

 

Come leggere l’Antico Testamento

a. L'inquadramento storico

Gli Ebrei hanno una concezione di storia simile a quella di tutti i popoli dell’epoca (non cronaca, ma concetti spiegati, aggiustando i fatti in modo che siano chiari gli insegnamenti) ed in più una concezione “religiosa” che li porta a servirsi di “miti”

La storia nel senso nostro non si evince perciò tanto dai Libri Biblici, quanto dal contesto della storia civile.  Possiamo dare queste date approssimative:

1850 Abramo 

1630 Discesa degli Ebrei in Egitto

1230 Mosè, e inizio dell’esodo. Inizio anche della tradizione orale 

1190 Installazione nella Terra Promessa

1020 Saul e inizio del Regno di Israele e Giuda

930   Separazione tra i Regni di Israele e Giuda

800   (Circa) si iniziano a mettere per iscritto i libri biblici

722   Invasione del Regno di Israele da parte degli Assiri

587   Caduta di Gerusalemme e Deportazione in Babilonia

519   Restaurazione del Tempio di Gerusalemme e ritorno da Babilonia

319   La Palestina è invasa dai Macedoni

167   Ribellione dei Maccabei

63     I Romani invadono la Palestina, che diventa Provincia del’Impero

b. Le fonti letterarie del Pentateuco

Il Pentateuco (Primi 5 libri, che formano la “Toràh” (Legge) = Genesi – Esodo – Levitico – Numeri - Deuteronomio) non sono stati scritti in un solo periodo, ma sono formati da tre tradizioni parallele, poi fuse da uno scrittore posteriore.  Queste tradizioni sono:

Eloista (E). Quella più antica.  Dio è chiamato Eloim

Javista (J). Quella più nazionalista. Dio è chiamato Jhavè

Sacerdotale (P).  Quella più tardiva, ed è scritta dai leviti per insegnare le leggi (tutto è impostato sul tempio, sul sabato, sui comandamenti…)

C’è poi una 4° tradizione (Deuteronomista – D –)  che è presente però quasi solo nel Deuteronomio.

Gli studiosi riescono a dire di ogni versetto a quale tradizione appartiene, perché l’autore che ha fuso le tradizioni le ha semplicemente legate tra loro, senza rivederle (tanto che dei fatti sono raccontati due volte, in modo abbastanza differente, a pochi versetti di distanza. Vedi per esempio la creazione dell’uomo e della donna in Gen. 1,26-28 e in Gen. 2,18-24).  Per noi vale di più quanto insegnava Mons. Pacomio nelle sue catechesi: “è come un sandwich, nel quale si mettono tanti ingredienti, ed uno specialista li sa anche distinguere. Ma chi mangia, gusta il panino nella sua integralità”

 

Come leggere il Nuovo Testamento

Per vederlo nel contesto, diamo uno sguardo all'inquadramento storico dei Vangeli:

La tradizione inizia in modo solo orale (Gesù non ha scritto, ed all’inizio non lo hanno fatto neppure gli Apostoli). Ogni tanto qualcuno scriveva qualche appunto, qualche breve racconto (le parabole, i miracoli, la passione…). Solo ad un certo punto (circa negli anni 60) si sente l’esigenza di scrivere in modo organizzato , per futura memoria, quanto Gesù ha detto e fatto, ed allora si cominciano a scrivere i Vangeli.  Luca è quello che spiega meglio tutto ciò, nel suo prologo (Lc. 1,1-4).

Marco è il Vangelo più antico.  C’è poi sicuramente unno scritto abbastanza ampio, che non abbiamo più, dal quale dipendono in parte Matteo e Luca (lo si chiama la fonte “Q”).  Matteo e Luca prendono perciò da questa fonte e da Marco.

Infine c’è il Vangelo di Giovanni, che è molto tardivo (circa nel 100) e che non segue lo schema dei sinottici. E’ più spirituale, risente di più della filosofia dell’epoca e racconta tanti fatti omessi dai tre sinottici.

Ecco uno schema che può facilitare la comprensione di questa evoluzione:

anno 30:          Resurrezione di Gesù – Pentecoste

                       Le parole e le azioni di Gesù sono raccontate oralmente dagli Apostoli

anni 38/42:          Paolo diventa cristiano, e “studia” la fede per 3 anni (significa che i punti

fondamentali della fede erano ormai chiari, e che c’erano già alcuni appunti

scritti)

anni 60/80:          alcune persone (Mc – Mt – Lc) prendono gli appunti che circolano, e li uniscono

in redazioni (Vangeli) per lasciare un racconto più completo alla propria

comunità

anni 90/100: Giovanni scrive il suo Vangelo partendo dai suoi ricordi personali e da altre fonti

che completano i Vangeli già conosciuti nella comunità

anni 100/150:la comunità cristiana vaglia queste e altre opere su Gesù, e ne accetta solo

alcune come Parola di Dio

 

Per Paolo, chiamato da Gesù mentre era un persecutore dei Suoi discepoli, e diventato l'Apostolo più "missionario", con i suoi viaggi tra i popoli pagani, il discorso è più semplice.

Fonda molte comunità cristiane, nelle città dove passa, e poi continua a tenere con esse dei rapporti di insegnamento attraverso le lettere.  Alcuni suoi discepoli hanno poi continuato a scrivere a nome sue alcune lettere, che oggi sono ancora conosciute sotto il nome di Paolo.  Lo stesso vale per le lettere attribuite agli altri Apostoli (Pietro, Giovanni, Giacomo, Giuda)

L'Apocalisse, attribuita a Giovanni, è un libro di preghiera nella persecuzione (di Nerone), ed è un libro non che fa paura, ma che dà fiducia al lettore cristiano circondato da forze nemiche potenti.

Col termine “Canone del N.T.” si intende l’insieme di libri che lo formano, stabilito dalla comunità cristiana durante il II secolo.

La prima opera che ce ne parla è Papia di Jerapoli (circa 120), poi ci sono le opere di Ireneo e Tertulliano (anch’essi del II sec.).  Ci dicono che questi libri che noi abbiamo, e solo questi, sono accolti dalla comunità come Parola di Dio.  Giustino (morto nel 167) ci racconta che nel giorno del Sole la comunità si raduna per celebrare l’Eucaristia, e prima ascolta la lettura di opere dei Profeti (A.T.) e degli Apostoli (N.T.); già liturgicamente perciò questi scritti erano usati a metà II secolo.

Tanti libri sono esclusi dal Canone: quelli che noi chiamiamo Apocrifi.  Non sono libri brutti, ma non sono stati riconosciuti dalla prima comunità come Parola di Dio perché sono stati considerati del tutto o in parte delle favole. Devono infatti la loro stesura quasi sempre al desiderio di approfondire alcuni aspetti della vita di Gesù poco sviluppati dagli scritti Apostolici (in particolare l’infanzia o la Passione). Alcuni sono molto simili ai nostri Vangeli; le differenze comunque non sono state accolte.

Tutto ciò che è nella Parola di Dio serve per la nostra salvezza. Ciò che non c’è, è inutile per questo scopo, dunque è solo cultura, ma non spiritualità.

 

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

5° INCONTRO  -  9 dicembre 2008

La risposta dell’uomo a Dio


25. Come risponde l'uomo a Dio che si rivela?

L'uomo, sostenuto dalla grazia divina, risponde con l'obbedienza della fede, che è affidarsi pienamente a Dio e accogliere la sua Verità, in quanto garantita da Lui, che è la Verità stessa.

26. Quali sono nella Sacra Scrittura i principali testimoni di obbedienza della fede?

Ci sono molti testimoni, in particolare due: Abramo, che, messo alla prova, «ebbe fede in Dio» (Rm 4,3) e sempre obbedì alla sua chiamata, e, per questo è diventato « padre di tutti quelli che credono» (Rm 4, 11,18); e la Vergine Maria, che realizzò nel modo più perfetto, durante tutta la sua vita, l'obbedienza della fede: «Fiat mihi secundum Verbum tuum - Avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38).

27. Che cosa significa per l'uomo credere in Dio?

Significa aderire a Dio stesso, affidandosi a Lui e dando l'assenso a tutte le verità da Lui rivelate, perché Dio è la Verità. Significa credere in un solo Dio in tre Persone: Padre, Figlio e Spirito Santo

28. Quali sono le caratteristiche della fede?

La fede, dono gratuito di Dio e accessibile a quanti la chiedono umilmente, è la virtù soprannaturale necessaria per essere salvati, L'atto di fede è un atto umano, cioè un atto dell'intelligenza dell'uomo che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio, dà liberamente il proprio consenso alla verità divina. La fede, inoltre, è certa, perché fondata sulla Parola di Dio; è operosa « per mezzo della carità» (Gal 5,6); è in continua crescita, grazie all'ascolto della Parola di Dio e alla preghiera, Essa fin d'ora ci fa pregustare la gioia celeste.

29. Perché non ci sono contraddizioni tra fede e scienza?

Anche se la fede supera la ragione, non vi potrà mai essere contraddizione tra fede e scienza, perché entrambe hanno origine da Dio. È lo stesso Dio che dona all'uomo sia il lume della ragione sia la fede.

30. Perché la fede è un atto personale e insieme ecclesiale?

La fede è un atto personale, in quanto libera risposta dell'uomo a Dio che si rivela. Ma è nello stesso tempo un atto ecclesiale, che si esprime nella confessione: «Noi crediamo». È infatti la Chiesa che crede: essa in tal modo, con la grazia dello Spirito Santo, precede, genera e nutre la fede del singolo cristiano. Per questo la Chiesa è Madre e Maestra.

31. Perché le formule della fede sono importanti?

Le formule della fede sono importanti perché permettono di esprimere, assimilare, celebrare e condividere insieme con altri le verità della fede, utilizzando un linguaggio comune.
32. In qual modo la fede della Chiesa è una sola?

La Chiesa, benché formata da persone diverse per lingua, cultura e riti, professa con voce unanime l'unica fede ricevuta da un solo Signore e trasmessa dall'unica Tradizione Apostolica. Professa un solo Dio - Padre, Figlio e Spirito Santo - e addita una sola via di salvezza. Pertanto noi crediamo, con un cuor solo e un'anima sola, quanto è contenuto nella Parola di Dio, tramandata o scritta, ed è proposto dalla Chiesa come divinamente rivelato.

33. Che cosa sono i Simboli della fede?

Sono formule articolate, chiamate anche «Professioni di fede» o «Credo», con cui la Chiesa, fin dalle sue origini, ha espresso sinteticamente e trasmesso la propria fede con un linguaggio normativa, comune a tutti i fedeli.

34. Quali sono i più antichi Simboli della fede?

Sono i Simboli battesimali. Poiché il Battesimo viene dato «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19), le verità di fede ivi professate sono articolate in riferimento alle tre Persone della Santissima Trinità.

35. Quali sono i più importanti Simboli della fede?

Essi sono il Simbolo degli Apostoli, che è l'antico Simbolo battesimale della Chiesa di Roma, e il Simbolo niceno-costantinopolitano, frutto dei primi due Concili Ecumenici di Nicea (325) e di Costantinopoli (381), ancora oggi comune a tutte le grandi Chiese d'Oriente e d'Occidente.

 

Essenza e caratteristiche del credere

La risposta dell’uomo alla rivelazione di Dio è la fede, “che è affidarsi pienamente a Dio e accogliere la sua Verità, in quanto garantita da Lui, che è la Verità stessa”. Ribadiamo che non è un atto irrazionale, perché fidarsi di una persona che ne sa più di me è un atto profondamente intelligente (credo in una persona tanto quanto mi dimostra di essere al corrente di quanto dice). È un atto che va oltre la mia capacità di comprendere da solo: in questo senso è un “affidarsi”.  Ecco dunque le sue caratteristiche:

§         è dono gratuito di Dio

§         è accessibile a quanti la chiedono umilmente

§         è necessaria per essere salvati

§         è un atto umano, cioè un atto dell'intelligenza dell'uomo che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio, dà liberamente il proprio consenso alla verità divina.

§         è certa, perché fondata sulla Parola di Dio;

§         è operosa « per mezzo della carità» (Gal 5,6);

§         è in continua crescita, grazie all'ascolto della Parola di Dio e alla preghiera,

§         ci fa pregustare fin d’ora la gioia celeste.

 

Fede personale o fede “ecclesiale”?

La fede è un atto personale, in quanto libera risposta dell'uomo a Dio che si rivela. Ma la fede cristiana, proprio perché segue quanto Gesù propone, è anche un atto ecclesiale, cioè della comunità dei discepoli di Gesù, perché Lui stesso ci chiede questo: una fede mediata anzitutto dagli Apostoli (Lui non è stato visto ed ascoltato se non da poche migliaia di persone, e non ci ha lasciato nulla di scritto), poi dal Magistero che ci assicura la retta comprensione del Suo pensiero, infine dalla comunità intera, che riflette e si confronta sulla fede capita e vissuta in questa concreta realtà spazio-temporale.

 

I “Simboli” della fede (le formule del “Credo”)

Sono formule espresse dalla comunità dei credenti, e poi sancite dal Magistero. Nascono come formule battesimali, e diventano poi sintesi della fede intera per tutti i fedeli.

Le principali sono due: quelle che diciamo alternativamente nelle Messe:

§         Simbolo degli Apostoli, che è l'antico Simbolo battesimale della Chiesa di Roma (lo usiamo prevalentemente in Quaresima)

§         Simbolo niceno-costantinopolitano, frutto dei primi due Concili Ecumenici di Nicea (325) e di Costantinopoli (381) quello più lungo e completo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

6° INCONTRO – 13 gennaio 2009

Io Credo in Dio Padre  La Trinità e la paternità di Dio

 

36. Perché la professione di fede inizia con: «Io credo in Dio»?

Perché l'affermazione «Io credo in Dio» è la più importante, la fonte di tutte le altre verità sull'uomo e sul mondo, e di tutta la vita di ogni credente in lui.

37. Perché professiamo un solo Dio?

Perché egli si è rivelato al popolo d'Israele come l'Unico, quando  disse: «Ascolta, Israele, il Signore è uno solo» (Dt 6,4), «non ce n'è altri»  (Is 45,22). Gesù stesso l'ha confermato: Dio è «l'unico Signore» (Mc 12,29). Professare che Gesù e lo Spirito Santo sono anch'essi Dio e Signore non introduce alcuna divisione nel Dio Uno.

38. Con quale nome Dio si rivela?

A Mosè Dio si rivela come il Dio vivente, «il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe» (Es 3,6). Allo stesso Mosè Dio rivela il suo  nome misterioso: «Io Sono Colui che Sono (YHWH)». Il nome ineffabile di Dio già nei tempi dell'Antico Testamento fu sostituito dalla parola Signore. Così nel Nuovo Testamento, Gesù, chiamato Signore, appare come vero Dio.

39. Solo Dio «è»?

Mentre le creature hanno ricevuto da Dio tutto ciò che sono e che hanno, Dio solo è in se stesso la pienezza dell'essere e di ogni perfezione.

Egli è «Colui che è», senza origine e senza fine. Gesù rivela che anch'egli porta il Nome divino: «Io sono» (Gv 8,28).

40. Perché è importante la rivelazione del nome di Dio?

Nel rivelare il suo nome, Dio fa conoscere le ricchezze contenute nel suo mistero ineffabile: egli solo è, da sempre e per sempre, Colui che trascende il mondo e la storia. È lui che ha fatto il cielo e la terra. È il Dio fedele, sempre vicino al suo popolo per salvarlo. È il santo per eccellenza, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), sempre pronto a perdonare. È l'Essere spirituale, trascendente, onnipotente, eterno, personale, perfetto. È verità e amore.

41. In che senso Dio è la verità?

Dio è la Verità stessa e come tale non s'inganna e non può ingannare. Egli «è luce e in lui non ci sono tenebre» (1 Gv 1,5). Il Figlio eterno di Dio, Sapienza incarnata, è stato inviato nel mondo «per rendere testimonianza alla Verità» (Gv 18,37).

42. In qual modo Dio rivela che egli è amore?

Dio si rivela ad Israele come colui che ha un amore più forte di quello di un padre o di una madre per i suoi figli o di uno sposo per la sua sposa. Egli in se stesso «è Amore» (1 Gv 4,8.16), che si dona completamente e gratuitamente e che «ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,16-17). Mandando il suo Figlio e lo Spirito Santo, Dio rivela che egli stesso è eterno scambio d'amore.

43. Che cosa comporta credere in un solo Dio?

Credere in Dio, l'Unico, comporta: conoscerne la grandezza e la maestà; vivere in rendimento di grazie; fidarsi di lui sempre, anche nelle avversità; riconoscere l'unità e la vera dignità di tutti gli uomini creati a sua immagine; usare rettamente le cose da lui create.

44. Qual è il mistero centrale della fede e della vita cristiana?

Il mistero centrale della fede e della vita cristiana è il mistero della Santissima Trinità. I cristiani vengono battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

45. Il mistero della Santissima Trinità può essere conosciuto dalla sola ragione umana?

Dio ha lasciato qualche traccia del suo Essere trinitario nella creazione e nell'Antico Testamento, ma l'intimità del suo Essere come Trinità Santa costituisce un mistero inaccessibile alla sola ragione umana, e anche alla fede d'Israele, prima dell'Incarnazione del Figlio di Dio e dell'invio dello Spirito Santo. Tale mistero è stato rivelato da Gesù Cristo, ed è la sorgente di tutti gli altri misteri.

46. Che cosa Gesù Cristo ci rivela del mistero del Padre?

Gesù Cristo ci rivela che Dio è «Padre», non solo in quanto è Creatore dell'universo e dell'uomo, ma soprattutto perché genera eternamente nel suo seno il Figlio, che è il suo Verbo, «irradiazione della sua gloria, impronta della sua sostanza» (Eb 1,3).

47. Chi è lo Spirito Santo, rivelato a noi da Gesù Cristo?

È la terza Persona della Santissima Trinità. È Dio, uno e uguale al Padre e al Figlio. Egli «procede dal Padre» (Gv 15,26), il quale, principio senza principio, è l'origine di tutta la vita trinitaria. E procede anche dal Figlio (Filioque), per il dono eterno che il Padre ne fa al Figlio. Inviato dal Padre e dal Figlio incarnato, lo Spirito Santo guida la Chiesa «a conoscere la Verità tutta intera» (Gv 16,13).

48. Come la Chiesa esprime la sua fede trinitaria?

La Chiesa esprime la sua fede trinitaria confessando un solo Dio in tre Persone: Padre e Figlio e Spirito Santo. Le tre Persone divine sono un solo Dio perché ciascuna di esse è identica alla pienezza dell'unica e indivisibile natura divina. Esse sono realmente distinte tra loro, per le relazioni che le mettono in riferimento le une alle altre: il Padre genera il Figlio, il Figlio è generato dal Padre, lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio.

49. Come operano le tre Persone divine?

Inseparabili nella loro unica sostanza, le Persone divine sono inseparabili anche nel loro operare: la Trinità ha una sola e medesima operazione. Ma, nell'unico agire divino, ogni Persona è presente secondo il modo che le è proprio nella Trinità.

 

Cosa significa “mistero della fede”?

Nella S. Scrittura “mistero” ha un significato diverso da quello che noi intendiamo comunemente. Non significa “concetto incomprensibile”, ma “concetto incomprensibile fino a che l’interessato non me lo rivela”.  In questo senso, per me è un mistero sapere per quale squadra tu tieni, fino a che tu non me lo dica. Poi ovviamente per me non è più un mistero!  In questo senso dobbiamo prendere quasi tutti i “misteri della fede”.

Nel senso invece di “concetto incomprensibile” possiamo vederne solo tre: Trinità, Incarnazione, rapporto libertà umana e prescienza divina. E dobbiamo anche aver chiaro che in questi casi non è che noi non capiamo i singoli concetti, ma il nesso che c’è tra i due aspetti del concetto stesso (un Dio e contemporaneamente tre persone; vero Dio e contemporaneamente vero uomo, dal punto di vista psichico; io sono realmente libero di compiere un’azione anche se Dio già sa che la compirò).

Accettare questi “misteri” non è un atto di mancanza di intelligenza, ma di profonda intelligenza, perché ascolto chi ne sa più di me, e permetto a Dio di presentarmi anche dei concetti che vanno oltre la mia capacità umana di comprensione.

 

Esiste un Dio?

Ogni persona che riflette, prima o poi arriva a questa domanda: esiste un essere superiore?

La risposta parte dalla nostra ragione: con essa si può dimostrare che esiste, ma non lo si può di­mostrare in modo irrefutabile, tanto che degli scienziati e dei filosofi hanno sostenuto razionalmente l'opposto.  Co­munque la ragione ci dice che non è assurdo credere in un Essere Superiore.

 

Chi è Dio?

Ma nasce poi immediatamente una seconda domanda: se Dio esiste, chi è?

Questa risposta non può nascere dalla ragione se non in modo parziale: con la ragione posso sape­re che esiste, ma Chi è me lo può dire soltanto Lui stesso.  Ogni religione è il tentativo umano di dare una risposta a questa seconda domanda. Tentativo sempre rispettabile, e spesso ben riuscito: dà veramente una risposta vera; ma non completa.  La risposta più vera e completa me la può dare solo Lui stesso, perché l'uomo, con la propria intelligenza, non può comprendere totalmente chi è l'asso­luto. E Lui stesso mi dice di essere Padre.

Se per Sua natura è Padre, ne derivano delle conseguenze profonde per la nostra vita:

§         tratta gli uomini da figli adottivi, dunque ci ama, ci lascia la Sua eredità (Paradiso, immortalità, capacità di amare)

§         non ci tratta con paternalismo, dunque non ci risolve i problemi come si potrebbe fare con un bambino, ma ci da la forza di risolverceli da soli

§         ci dona la certezza della fede, il che comporta per noi che una religione non vale l’altra. Infatti una cosa è il tentativo dell'uomo di scoprire chi è Dio (scoperta sempre parziale), una cosa è accogliere Dio stesso, che decide di diventare uomo come noi per presentarsi nella Sua pienezza.  Dunque: Dio lo posso conoscere nella Sua intimità solo per mezzo della persona di Gesù, Dio diventato uomo (la divinità di Gesù la affronteremo in un prossimo incontro).  E Gesù mi dà questa rivelazione di Dio: Dio è Padre.

 

Cosa possiamo dire razionalmente della Trinità?

Se Gesù ci presenta Dio come Padre, possiamo fare un ragionamento che ci fa dire che credere nella Trinità non è assurdo.  Infatti se Dio è Padre:

§         ha un Figlio da sempre (se no non sarebbe Padre di natura, ma lo sarebbe diventato). questo Figlio è della Sua stessa natura (è Dio come Lui)

§         il Padre ed il Figlio si amano da sempre: il loro amore è infinito, è persona (lo Spirito Santo)

§         dunque la Sua divinità è Trinità e perciò non è un Dio unico e solitario, ma un Dio unico, ma comunità di amore nel Suo intimo

§         Dio crea non per aver qualcosa da fare (è già comunità), ma per mettere il Suo amore (la Sua essenza) al di fuori di sé, condividendola con un essere che lo possa conoscere e possa rispondere al Suo amore (l’uomo)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

7° INCONTRO  - 27 gennaio 2009

“Onnipotente”    Il problema della sofferenza e della Provvidenza

 

 

50. Che cosa significa che Dio è onnipotente?

Dio si è rivelato come «il Forte, il Potente» (Sal 24,8-10), colui al quale «nulla è impossibile» (Lc 1,37). La sua onnipotenza è universale, misteriosa, e si manifesta nel creare il mondo dal nulla e l'uomo per amore, ma soprattutto nell'Incarnazione e nella Risurrezione del Suo Figlio, nel dono dell'adozione filiale e nel perdono dei peccati. Per questo la Chiesa rivolge la sua preghiera al «Dio onnipotente ed eterno» («Omnipotens sempiterns Deus... »).

55. In che cosa consiste la Provvidenza divina?

Essa consiste nelle disposizioni, con cui Dio conduce le sue creature verso la perfezione ultima, alla quale Egli le ha chiamate. Dio è l'autore sovrano del suo disegno. Ma per la sua realizzazione si serve anche della cooperazione delle sue creature. Allo stesso tempo, dona alle creature la dignità di agire esse stesse, di essere causa le une delle altre.

56. Come l'uomo collabora con la Provvidenza divina?

All'uomo Dio dona e chiede, rispettando la sua libertà, di collaborare con le sue azioni, le sue preghiere, ma anche con le sue sofferenze, suscitando in lui «il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni» (Fil 2,13).

57. Se Dio è onnipotente e provvidente, perché allora esiste il male?

A questo interrogativo, tanto doloroso quanto misterioso, può dare risposta soltanto l'insieme della fede cristiana. Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del male. Egli illumina il mistero del male nel suo Figlio, Gesù Cristo, che è morto e risorto per vincere quel grande male morale, che è il peccato degli uomini e che è la radice degli altri mali.

58. Perché Dio permette il male?

La fede ci dà la certezza che Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene. Dio questo l'ha già mirabilmente realizzato in occasione della morte e risurrezione di Cristo: infatti dal più grande male morale, l'uccisione del suo Figlio, egli ha tratto i più grandi beni, la glorificazione di Cristo e la nostra redenzione.

 

Se Dio è “Padre Onnipotente”, perché esiste la sofferenza?

Dio stesso, diventando uomo, ci dà una risposta che ribal­ta il nostro modo di vedere: prende su di sé la sofferenza. Ci insegna perciò, più con la vita che a parole, che

§         la sofferenza è parte integrante della vita, e non è punizione (dunque chiederci: "cosa ho fatto di male per soffrire tanto?", oppure "perché tanti buoni soffrono e tanti cattivi stanno bene?" non ha senso per un cristiano)

§         Lui non è venuto per toglierla, ma che l'ha accettata dandole un significato (la sofferenza di Gesù è salvifica)

§         la nostra sofferenza, vissuta con Lui, acquista lo stesso significato

Questa risposta non risolve razionalmente il problema: Dio però non ci ha rivelato di più, dunque razionalmente non possiamo andare oltre. Ogni credente è chiamato a dare una risposta esistenziale, ad un problema esistenziale.

 

Cosa significa “Provvidenza”?

È l’insieme di tutte le azioni divine nella quali si manifesta il Suo rapporto di conoscenza, di volontà e di realizzazione del Suo disegno salvifico alla totalità del mondo, azioni che dirigono questo mondo al fine stabilito dalla Sua volontà.

Il concetto di Provvidenza si sviluppa nello stoicismo greco, che immagina una divinità che guida il mondo e garantisce tutela all’uomo. Una provvidenza che toglie ogni libertà, ma che consente all’uomo l’ “atarassia”, cioè la tranquillità fatalistica.  Nella S. Scrittura il concetto di Provvidenza è rivolto ad un Dio di amore, che offre all’uomo il Suo appoggio, senza intaccarne la libertà né la responsabilità.  In Cristo il concetto di Provvidenza trova la sua pienezza. La Sua Croce dimostra che anche le zone d’ombra della vita umana sono comprese nel piano divino di salvezza. Gesù ci invita ad accettare questa verità, usando il verbo “bisogna” (per esempio: “non bisognava che il Cristo patisse queste cose, per entrare nella Sua gloria?” Lc. 24,26). 

La teologia cristiana, cioè la riflessione razionale sulla parola di Dio, la spiega così: la legge di Dio, con cui Egli guida il mondo verso il fine previsto dal Suo disegno, non è un elemento immanente all’ordine naturale. È intervento libero e storico di Dio. Comprende la creazione dal nulla e il compimento escatologico come ripetuta, libera azione di Dio sottratta alle disposizioni umane ed alle leggi del mondo. Porta l’uomo non all’ “atarassia” ma alla speranza, per la quale è sereno di fronte ai problemi del mondo, ma si impegna per affrontarli per il bene dei fratelli.

 

 

 

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

8° INCONTRO – 10 febbraio 2009

“Creatore”

Il rapporto scienza e fede

 

51. Perché è importante affermare: «In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gen. 1,1)?

Perché la creazione è il fondamento di tutti i divini progetti di salvezza; manifesta l'amore onnipotente e sapiente di Dio; è il primo passo verso l'Alleanza dell'unico Dio con il suo popolo; è l'inizio della storia della salvezza culminante in Cristo; è una prima risposta agli interrogativi fondamentali dell'uomo circa la propria origine e il proprio fine.

52. Chi ha creato il mondo?

Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono il principio unico e indivisibile del mondo, anche se l'opera della creazione del mondo è particolarmente attribuita a Dio Padre.

53. Perché è stato creato il mondo?

Il mondo è stato creato per la gloria di Dio, che ha voluto manifestare e comunicare la sua bontà, verità e bellezza. Il fine ultimo della creazione è che Dio, in Cristo, possa essere «tutto in tutti» (1 Cor 15,28), per la sua gloria e per la nostra felicità.

54. Come Dio ha creato l'universo?

Dio ha creato l'universo liberamente con sapienza e amore- II mondo non è il prodotto di una necessità, di un destino cieco o del caso. Dio ha creato «dal nulla» (ex nihilo) (2 Mac 7,28) un mondo ordinato e buono, che egli trascende in modo infinito. Dio conserva nell'essere la sua creazione e la sorregge, dandole la capacità di agire e conducendo la al suo compimento, per mezzo del suo Figlio e dello Spirito Santo.

59. Che cosa ha creato Dio?

La Sacra Scrittura dice: «In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gn 1,1). La Chiesa, nella sua Professione di fede, proclama che Dio è il creatore di tutte le cose visibili e invisibili: di tutti gli esseri spirituali e materiali, cioè degli angeli e del mondo visibile, e in modo particolare dell'uomo.

60. Chi sono gli angeli?

Gli angeli sono creature puramente spirituali, incorporee, invisibili e immortali, esseri personali dotati di intelligenza e di volontà. Essi, contemplando incessantemente Dio a faccia a faccia, Lo glorificano, Lo servono e sono i suoi messaggeri nel compimento della missione di salvezza per tutti gli uomini.

61. In che modo gli angeli sono presenti nella vita della Chiesa?

La Chiesa si unisce agli angeli per adorare Dio, invoca la loro assistenza e di alcuni celebra liturgicamente la memoria.

62. Che cosa insegna la Sacra Scrittura circa la creazione del mondo visibile?

Attraverso il racconto dei «sei giorni» della creazione, la Sacra Scrittura ci fa conoscere il valore del creato e la sua finalità di lode a Dio e di servizio all'uomo.

Ogni cosa deve la propria esistenza a Dio, dal quale riceve la propria bontà e perfezione, le proprie leggi e il proprio posto nell'universo.

 

Cosa significa “creare”?

La terminologia significa cose diverse nelle varie lingue. In greco “krizo” significa “costruire una città”. In latino “creo” significa “generare”.  Il termine ebraico invece, quello originale “barà” designa “l’opera di Dio in relazione al mondo finalizzato a Lui”.

La fede di Israele parte dalla liberazione. Solo in seguito riflette sulle origini, ed arriva alla dottrina sulla creazione, che ampia il discorso dall’amore di Dio per il popolo, all’interesse di Dio per l’umanità intera.  Si arriva così a comprendere che il mondo intero deve la sua esistenza all’atto sovrano e libero di Dio. Conseguenze di questa dottrina sono: la bontà del mondo così come è stato creato da Dio; la finalizzazione di tutta la natura all’uomo; la finalizzazione di tutta la creazione (natura ed essere umano) a Dio.

Non possiamo vedere la dottrina sulla creazione come risposta agli interrogativi sulle origini del mondo dal punto di vista scientifico (vedi punto seguente).  Questa dottrina ci aiuta invece filosoficamente a non cadere nel panteismo o nel dualismo (contrasto tra un Dio buono e un Dio cattivo).

Possiamo allora giungere a questa conclusione: “creazione significa che assolutamente tutto è opera di Dio, e beneficio Suo in favore dell’uomo”

 

Rapporto scienza-fede nella creazione

È naturale che l’uomo abbia degli interrogativi scientifici sulle origine della natura e sulle proprie. Nasce allora la domanda: il racconto biblico è affidabile dal punto di vista cosmogonico?  Cerchiamo la risposta equilibrata:

dobbiamo distinguere le domande: “come ha avuto origine il mondo”? a questa domanda non c’è risposta affidabile nella Bibbia, per due motivi. Anzitutto perché non è un libro scientifico, e non ha la finalità di dare queste indicazioni; poi perché risente di una cosmogonia mediorientale, basata sul geocentrismo, e di una visione legalistica, che cercava di dimostrare l’importanza della settimana e del riposo del settimo giorno (ricordiamo la riflessione sulla mitologia biblica).

Alle domande “chi ha dato origine al mondo?” e “per quale fine ha avuto origine il mondo?” invece, la risposta è biblica è invece affidabile, perché queste sono realtà sulle quali Dio vuole darci degli insegnamenti validi per la nostra vita.  Ecco allora che è fondamentale credere che ci sia la Sua presenza iniziale (non c interessa come), e soprattutto credere che tutta la realtà creata, che culmina nell’essere intelligente e libero, ha una finalità in Lui.

 

Esistono degli “esseri invisibili” (angeli)?

La Parola di Dio ci parla più volte degli Angeli. Il modo come li presenta può sembrare mitologico; subentra qui la tradizione della Chiesa ed il Magistero ad aiutarci a comprendere  che non si tratta di concetto mitologico, ma di realtà espressa talvolta con immagini mitologiche (le ali, per esempio). Il fatto che l’uomo contemporaneo faccia difficoltà a credere a realtà non scientificamente sperimentabili non è motivo sufficiente per negarle.

Nell’Antico Testamento la dottrina sugli Angeli ha la sua origine da immagini di divinità straniere che vengono assunte nella cultura ebraica come “ancelle di Javhè”. In seguito si parla dell’ “Angelo di Javhè”, visto come messaggero e soccorritore. Dopo l’Esodo, l’angelologia diventa più ricca, con immagini di Angeli protettori di paesi, di corte celeste ampia e ricca di gerarchie angeliche… 

Il Nuovo Testamento è più sobrio, anche se più volte ricorda l’angelo, dall’Annunciazione, alla nascita di Gesù, alle tentazioni, fino alla Resurrezione ed al giudizio finale. Nell’apocalisse sono visti come gli artefici delle punizioni divine alla società corrotta.  Vicino agli Angeli, si parla anche degli Angeli decaduti (Demoni).

Gli Angeli vanno visti teologicamente come “creature personali e spirituali”. Sono creature, dunque non paragonabili con Dio, ma soggette e finalizzate ad Esso.  Sono persone, cioè individui razionali e liberi. Sono spirituali, cioè senza un aspetto corporeo, anche se possono avere rapporti con gli uomini (creature sia spirituali che corporee).  Hanno un fine spirituale, cioè sono chiamati alla visione beatifica; in questo sono come noi, in quanto creature personali e libere.

La “New Age” ha dato agli Angeli un significato particolare, di salvatori nel senso storico miracolistico del termine. Questo aspetto non è presente nella Tradizione e nella teologia cristiana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

9° INCONTRO  - 24 febbraio 2009

Creazione dell’uomo, e problemi di antropologia

 

63. Qual è il posto dell'uomo nella creazione?

L'uomo è il vertice della creazione visibile, in quanto è creato a immagine e somiglianza di Dio.

64. Che tipo di legame esiste tra le cose create?

Esiste tra le creature un'interdipendenza e una gerarchia, volute da Dio. Nello stesso tempo, esiste un'unità e solidarietà fra le creature, poiché tutte hanno il medesimo Creatore, sono da Lui amate e sono ordinate alla sua gloria. Rispettare le leggi iscritte nella creazione e i rapporti derivanti dalla natura delle cose, è quindi un principio di saggezza e un fondamento della morale.

65. Che relazione c'è fra l'opera della creazione e quella della redenzione?

L'opera della creazione culmina nell'opera ancora più grande della redenzione. Infatti questa dà inizio alla nuova creazione, nella quale tutto ritroverà il suo pieno senso e il suo compimento.

66. In che senso l'uomo è creato a «immagine di Dio»?

L'uomo è creato a immagine di Dio nel senso che è capace di conoscere e di amare, nella libertà, il proprio Creatore. È la sola creatura, su questa terra, che Dio ha voluto per se stessa e che ha chiamato a condividere, nella conoscenza e nell'amore, la sua vita divina. Egli, in quanto creato a immagine di Dio, ha la dignità di persona: non è qualcosa, ma qualcuno, capace di conoscersi, di donarsi liberamente e di entrare in comunione con Dio e con le altre persone.

67. Per quale fine Dio ha creato l'uomo?

Dio ha creato tutto per l'uomo, ma l'uomo è stato creato per conoscere, servire e amare Dio, per offrir Gli in questo mondo tutta la creazione in rendimento di grazie, ed essere elevato alla vita con Dio in cielo. Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo, predestinato a riprodurre l'immagine del Figlio di Dio fatto uomo, che è la perfetta «immagine del Dio invisibile» (Col 1,15).

68. Perché gli uomini formano un'unità?

Tutti gli uomini formano l'unità del genere umano, per la comune origine che hanno da Dio. Dio, inoltre, ha creato «da uno solo tutte le nazioni degli uomini» (At 17,26). Tutti, poi, hanno un unico Salvatore e sono chiamati a condividere l'eterna felicità di Dio.

69. Come nell'uomo l'anima e il corpo formano un'unità?

La persona umana è un essere insieme corporeo e spirituale. Nell'uomo lo spirito e la materia formano un'unica natura. Questa unità è così profonda che, grazie al principio spirituale che è l'anima, il corpo, che è materiale, diventa un corpo umano e vivente, e partecipa alla dignità di immagine di Dio.

70. Chi dona l'anima all'uomo?

L'anima spirituale non viene dai genitori, ma è creata direttamente da Dio, ed è immortale. Separandosi dal corpo al momento della morte, essa non perisce; si unirà nuovamente al corpo nel momento della risurrezione finale.

71. Quale relazione Dio ha posto tra l'uomo e la donna?

L'uomo e la donna sono stati creati da Dio in uguale dignità in quanto persone umane, e, nello stesso tempo, in una reciproca complementarità, essendo maschio e femmina. Dio li ha voluti l'uno per l'altro, per una comunione di persone. Insieme sono anche chiamati a trasmettere la vita umana, formando nel matrimonio «una sola carne» (Gn 24), e a dominare la terra come «amministratori» di Dio.

72. Qual era la condizione originaria dell'uomo secondo il progetto di Dio?

Dio, creando l'uomo e la donna, aveva loro donato una speciale partecipazione alla propria vita divina, in santità e giustizia. Nel progetto di Dio l'uomo non avrebbe dovuto né soffrire né morire. Inoltre regnava un'armonia perfetta nell'uomo in se stesso, tra creatura e Creatore, tra uomo e donna, come pure tra la prima coppia umana e tutta la creazione,

 

L’uomo “immagine di Dio”

Una grande novità della Bibbia sugli altri libri religiosi mediorientali è il concetto di uomo creato ad immagina di Dio. Significa che ha delle caratteristiche divine, che possiamo enumerare così:

§         Immortalità: Lui è eterno (senza principio né fine); io sono immortale (con un principio, ma senza fine, in quanto mi ama tanto da attendermi con sé anche dopo la mia morte fisica)

§         Capacità di amare: l'amore sentimento è umano, ma l'amore capace di donare tutto se stesso an­che all'estraneo, anche nel perdono del nemico, è soprannaturale, ed ha bisogno di connotati divini per essere vissuto.

§         Capacità di essere libero: la libertà vera non è quella sociale (possibilità di fare ciò che voglio), ma quella personale (esenzione dai condizionamenti interiori). L'uomo è naturalmente tendente al­l'egoismo, ed ha bisogno dei caratteri divini per superare questa tendenza.

§         Santità della coppia coniugale: l’immagine di Dio, più che nella singola persona, è vista nella coppia, come datrice di vita, e dunque immagine del Dio che crea.

 

Antropologia greca ed antropologia ebraica

L’antropologia ebraica e quella greca si differenziano profondamente, perché diversa è l’immagine di uomo che soggiace alle due culture.

§         Per l’antropologia ebraica l’uomo è una creatura divina, alla quale Dio ha dato amore e libertà (l’uomo sa che Dio esiste come amore per Lui.  Non è possibile l’ateismo, ma solo una sfiducia nell’aiuto divino). È un unità, che si può vedere da punti di vista diversi (non c’è una distinzione tra anima e corpo, ma dei due termini usati, “nefesh” significa l’uomo visto come spirituale, libero o intelligente; mentre il termine “basar” significa l’uomo visto come materiale (che mangia, che ha istinti, che lavora materialmente…)

§         per l’antropologia greca l’uomo è una parte della natura, che soggiace al volere di dei capricciosi e con le stesse passioni umane (dice Platone: Siamo zimbelli nelle mani degli dei), ed è una dualità di anima e corpo (questo concetto ci aiuta a comprendere meglio la morte e la resurrezione, invece rende più complicata la comprensione dell’Eucaristia)

 

Per quale progetto Dio ha creato l’uomo?

Dalla Parola di Dio si evince che l’uomo è stato creato con un fine ben preciso, che è Dio stesso, cioè per

§         conoscerlo attraverso la sua intelligenza, e soprattutto attraverso la Rivelazione divina

§         servirlo e amarlo, cioè per vivere la stessa realtà Trinitaria in se stesso

§         santificare attraverso le proprie doti (intelligenza, libertà, volontà) tutta la creazione, che in sé è amorfa per quanto riguarda il rapporto con Dio.

Tutte queste finalità trovano la loro pienezza nella Redenzione di Cristo, che rende santa ogni azione umana in quanto è stata assunta in sé dal Dio Figlio che è diventato uomo come noi.

 

Relazioni tra uomo e donna, e tra esseri umani

Il fatto che l’uomo è stato creato ad immagine di Dio ha delle conseguenze anche nella sociologia cristiana:

§         la coppia è immagine di Dio: dunque l’uomo e la donna hanno una dignità uguale, nella loro complementarietà fisica, psicologica e di ruolo. Il maschilismo ha origine dalla conoscenza della animalità (tra i mammiferi il maschio domina e la femmina partorisce), invece tra persone intelligenti e capaci di amore e libertà, il rapporto deve essere di collaborazione allo stesso piano.  Secondo la Bibbia, è frutto del peccato di disobbedienza in seguito al quale l’uomo accusa la donna rompendo l’unità dell’immagine divina

§         l’umanità intera è immagine di Dio: se tutti gli esseri umani sono immagine di Dio, ogni nazionalismo esasperato (cioè non solo visto come approfondimento di una cultura, ma come superiorità tesa a dominare militarmente o economicamente sugli altri popoli) è contro la Parola di Dio. Secondo la Bibbia, è frutto del peccato di orgoglio che vuole creare una Torre che arrivi fino a Dio, ed invece diventa causa di separazione di differenze tra i popoli

 

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

10° INCONTRO  -  10 marzo 2009

Il Peccato Originale

 

73. Come si comprende la realtà del peccato?

Nella storia dell'uomo è presente il peccato. Tale realtà si chiarisce pienamente soltanto alla luce della Rivelazione divina, e soprattutto alla luce di Cristo Salvatore di tutti, che ha fatto sovrabbondare la grazia proprio là dove è abbondato il peccato.

74. Che cos'è la caduta degli angeli?

Con tale espressione si indica che Satana e gli altri demoni, di cui parlano la Sacra Scrittura e la Tradizione della Chiesa, da angeli creati buoni da Dio, si sono trasformati in malvagi, perché, con libera e irrevocabile scelta, hanno rifiutato Dio e il suo Regno, dando così origine all'inferno. Essi tentano di associare l'uomo alla loro ribellione contro Dio; ma Dio afferma in Cristo la sua sicura vittoria sul Maligno.

75. In che cosa consiste il primo peccato dell'uomo?

L'uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, disobbedendo Gli, ha voluto diventare «come Dio» senza Dio, e non secondo Dio (Gn 3,5). Così Adamo ed Eva hanno perduto immediatamente, per sé e per tutti i loro discendenti, la grazia originale della santità e della giustizia.

76. Che cos'è il peccato originale?

Il peccato originale, nel quale tutti gli uomini nascono, è lo stato di privazione della santità e della giustizia originali. È un peccato da noi «contratto», non «commesso»; è una condizione di nascita, e non un atto personale. A motivo dell'unità di origine di tutti gli uomini, esso si trasmette ai discendenti di Adamo con la natura umana, «non per imitazione, ma per propagazione». Questa trasmissione rimane un mistero che non possiamo comprendere appieno.

77. Quali altre conseguenze provoca il peccato originale?

In conseguenza del peccato originale la natura umana, senza essere interamente corrotta, è ferita nelle sue forze naturali, è sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, ed è incline al peccato. Tale inclinazione è chiamata concupiscenza.

78. Dopo il primo peccato, che cosa ha fatto Dio?

Dopo il primo peccato, il mondo è stato inondato di peccati, ma Dio non ha abbandonato l'uomo in potere della morte, ma, al contrario, gli ha predetto in modo misterioso - nel «Protovangelo» (Gn 3,15) - che il male sarebbe stato vinto e l'uomo sollevato dalla caduta. E il primo annuncio del Messia redentore. Perciò la caduta sarà perfino chiamata felice colpa, perché «ha meritato un tale e così grande Redentore» (Liturgia della Veglia pasquale).

 

Come si può parlare oggi di Satana?

Ci vuole molto equilibrio biblico-teologico per presentarlo nella nostra cultura. Non può essere visto come figura mitologica, né in dualismo con Dio (come se fosse una divinità malvagia), ma all’interno della rivelazione sull’uomo, come forza personale che spinge al male spirituale.

L’origine della dottrina sul Demonio nasce dalla conoscenza di divinità pagane cattive. Entra poi nella rivelazione, ma visto in modo diverso (persona spirituale, creata da Dio, libera, che liberamente scegli contro Dio e spinge gli altri essere intelligenti a fare altrettanto).  I termini con cui è chiamato indicano questa realtà: ebraico “Satàn” cioè avversario, e greco “Diabolos”, cioè colui che divide.  Nel Nuovo Testamento è chiamato il “maligno”, il “Principe di questo mondo”, ma è sempre presentato come vinto da Gesù che lo caccia dalle persone, e lo vincerà definitivamente sulla croce.

Il Concilio Vaticano II è molto cauto nelle affermazioni sul Diavolo, che però non vengono evitate. Semplicemente vuole evitare che si cada in una visione superficiale o mitologica, che cerca di rappresentarlo fisicamente, o che lo vede nella “possessione” di persone.

Un cristiano equilibrato crede all’esistenza del Diavolo, sa che il male che talvolta esiste in modo grave nella società non è solo umano, ma ha anche questa forza personale-spirituale, però sa anche che Cristo è più forte di Lui, e perciò non lo teme, se sa vivere una vita spirituale unita al Signore.

 

Come comprendere il peccato originale alla luce della moderna antropologia

Possiamo spiegarlo con due esempi. Anzitutto quello del ponte:

§         Se si costruisce un ponte tra la Calabria e la Sicilia, questa non è più isolata.

§         Se il ponte crolla, questa è nuovamente isolata.

§         Si può ricostruire il ponte, ed allora il passaggio è ripristinato

§         Ogni uomo che sta sull’isola, non è obbligato a attraversare il ponte. Lo attraversa chi vuole

§         Dio ha creato l’uomo, e gli ha donato il Suo amore (c’è un ponte tra Dio e uomo)

§         L’uomo ha rotto il rapporto con Dio col peccato (il ponte è rotto)

§         Dio lo ricostruisce con la venuta di Gesù, anzi, lo ricostruisce in modo indistruttibile (perché il ponte è Lui stesso)

§         Ogni uomo è libero di incontrare questo amore. L’incontro si fa attraverso il Battesimo e le scelte conseguenti.

 

Poi quello del regalo di nozze:

§         Immaginate di aver ricevuto per il vostro Matrimonio un regalo importante (per esempio, un Rolex). Quell’oggetto è vostro, e per eredità sarà di vostro figlio. 

§         Un giorno lo perdete. Vostro figlio non avrà quell’eredità.  E ciò non per colpa sua, però di fatto il Rolex non ce l’ha.

§         Se invece la persona che vi ha fatto il dono, sapendo che lo avete perso, ve lo regala di nuovo, vostro figlio potrà averlo in eredità.

§         Dio ha creato l’uomo donandogli un regalo importante: il Suo amore.

§         Un giorno l’uomo rompe questo amore.  Dunque non c’è più nell’umanità, perciò chi nasce non ha questo dono, anche se non per colpa sua.

§         Dio lo restituisce, diventando uomo Lui stesso (Gesù).

§         Da quel momento ogni uomo che nasce ha di nuovo l’amore di Dio, e lo accoglie se lo vuole liberamente (Battesimo e scelte conseguenti)

 

Il racconto mitologico del Peccato Originale parla anche delle “punizioni divine”. Anche queste vanno accolte in modo “mitologico”: spiegano l’origine del male fisico e psicologico, servendosi di immagini favolistiche. L’uomo sarebbe comunque morto, avrebbe comunque avuto delle malattie, la donna avrebbe comunque partorito nel dolore, il serpente avrebbe comunque camminato sulla pancia.  Semplicemente il testo ci dice che Dio non ha voluto le cose brutte per l’uomo, ma gli aveva preparato dei doni belli: il Suo amore che gli avrebbe dato serenità e gioia, per cui anche il passaggio dalla vita terrena a quella celeste non sarebbe stato traumatico.  Con la scelta dell’uomo di allontanarsi da Dio invece, quello che poteva essere un bene viene visto come un male.

 

 

 

 

 

 

 

  

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

11° INCONTRO  -  21 aprile 2009

Credo in Gesù Cristo:

la persona di Gesù conosciuta attraverso i Vangeli

 

79. Qual è la Buona Novella per l'uomo?

È l'annunzio di Gesù Cristo, «il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16), morto e risorto. AI tempo del re Erode e dell'imperatore Cesare Augusto, Dio ha adempiuto le promesse fatte ad Abramo e alla sua discendenza mandando «suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,4-5).

80. Come si diffonde questa Buona Novella?

Fin dall'inizio i primi discepoli hanno avuto l'ardente desiderio di annunziare Gesù Cristo, allo scopo di condurre tutti alla fede in lui. Anche oggi, dall'amorosa conoscenza di Cristo nasce il desiderio di evangelizzare e catechizzare, cioè svelare nella sua persona l'intero disegno di Dio e mettere l'umanità in comunione con lui.

 

Cosa ci raccontano di Gesù i Vangeli?

Il termine “Vangelo” significa originariamente “il messaggio gioioso di Gesù”.  Solo in seguito ha acquisito il significato di “Libro che contiene la storia di Gesù”. Qui lo prendiamo in questo secondo significato.

I Vangeli ci raccontano dunque la storia di Gesù. Non sono di per se un libro di dottrina né di morale, ma una narrazione. Narrando la storia di Gesù, emerge anche il Suo insegnamento su sé stesso (dottrina) e sull’uomo (morale).   Raccontano:

§         di Giovanni il Battista, che preannuncia Gesù

§         due di essi, della nascita e brevissimamente dell’infanzia di Gesù

§         dell’inizio della predicazione col Battesimo ricevuto da Giovanni

§         della fondazione della comunità della Chiesa sui dodici, con un’attenzione particolare a Pietro

§         della predicazione che ha come centro il Regno di Dio, cioè la presenza di Dio nell’umanità, che si manifesta nella Sua stessa presenza

§         dei miracoli che avvalorano la predicazione, facendo capire che Lui ha il potere divino

§         delle polemiche con i Farisei che non accettano le Sue novità (la Sua divinità)

§         dell’istituzione di segni particolari, che renderanno presente la Sua persona nel prosieguo dei secoli

§         del Suo arresto, condanna, crocifissione, morte e sepoltura

§         della Sua Resurrezione, scoperta del sepolcro vuoto, apparizioni agli Apostoli e loro missione

§         della Sua ascesa “alla destra del Padre”

 

Quali rapporti tra il Gesù della fede ed il Gesù storico?

Come detto nel 3° e 4° incontro, i Vangeli sono stati scritti dai 30 ai 70 anni dopo la morte di Gesù. Si rifanno ad una “tradizione orale” degli Apostoli e dei loro discepoli. Però nasce il problema: questa tradizione riporta realmente il pensiero di Gesù, oppure lo filtra e lo tradisce?  È quello che si chiama comunemente il rapporto tra il Gesù storico (cioè la realtà di quello che ha detto e fatto) ed il Gesù della fede (cioè quanto una comunità innamorata di Lui può aver raccontato).

Possiamo dire, secondo gli studi attuali:

§         le parole attribuite a Gesù (eccetto quelle riportate in aramaico) sono ricordate secondo la storiografia orientale, cioè non per forza in modo “stenografico”, ma semplicemente salvaguardando il concetto

§         le azioni di cui si parla (per esempio i miracoli) sono storiche, anche qui secondo la mentalità ebraica, perciò realmente successe, ma viste secondo le conoscenze di medicina e di religione dell’epoca (per esempio: “Gesù scaccia un demonio”, significa di solito: “Gesù guarisce un malato psichico o un epilettico”)

§         la scelta dei fatti e delle parole da raccontare è della comunità, secondi i propri bisogni ed i propri interessi

§         i punti fondamentali della dottrina e della morale sono così innovativi che nessun uomo potrebbe averli inventati, dunque si rifanno in modo fedele (nel concetto, non nelle singole parole) al Gesù storico

§         non c’è mitologia nel Vangelo (qualche dubbio hanno gli studiosi solo sui racconti di Matteo dell’infanzia, ed in particolare sul fatto dei Magi), mentre c’è un linguaggio ebraico su due punti, cioè uso dei numeri e apocalittica, che a noi possono sembrare mitologia (cioè favole che raccontano una verità di fede), mentre è solo un modo particolare di comunicare quei concetti

Dunque possiamo dire con certezza che i Vangeli ci parlano del Gesù della fede della comunità per la quale il libro è scritto, ma in modo assolutamente fedele al Gesù Storico.

 

Perché ci interessa anche il “Gesù della fede”?

È chiaro che a noi interessa il Gesù storico, perché la nostra fede ha la sua origine nella concreta persona di Gesù.  Ma siamo interessati anche al Gesù della fede perché dobbiamo far riferimento alla fede della prima comunità, quella più vicina a Gesù, per comprendere come si attualizza la vita cristiana in ogni generazione.

Ecco allora che guardiamo con ammirazione la comunità di Matteo (fatta di cristiani provenienti dall’ebraismo) che riflette sulla divinità di Gesù presentandolo come il “legislatore come il Padre”.

Oppure quella di Marco che insiste sul gioco di parole tra “guarire” e “salvare”, facendoci comprendere che Gesù salva l’uomo intero, non gli interessa tanto la guarigione fisica.

Oppure quella di Luca che sottolinea la misericordia del Padre che si manifesta nell’ “oggi” dell’uomo concreto.

O ancora quella di Giovanni interessata di più ad un rapporto spirituale ed intimo col Gesù ormai lontano (morto da 70 anni), presente nella Parola, nei Sacramenti e nei fratelli da servire.

Non sono tradimenti della realtà storica, ma attenzioni particolari ad alcuni aspetti che servono a quella comunità per vivere meglio la propria fede. E sono dunque per noi un aiuto per trovare un nostro cammino di fede, fedele al messaggio intero, ma capace di prendere quanto ci serve per approfondirlo e viverlo, nel rispetto di altre spiritualità che preferiscono altri aspetti della stessa Parola divina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

12° INCONTRO  -  12 maggio 2009

Credo in Gesù Cristo Suo unico Figlio e Nostro Signore:

vero Dio e vero uomo

 

81. Che cosa significa il nome «Gesù»?

Dato dall'Angelo al momento dell'Annunciazione, il nome «Gesù» significa «Dio salva». Esso esprime la sua identità e la sua missione, «perché è lui che salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21). Pietro afferma che «non vi è sotto il cielo altro Nome dato agli uomini nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12).

82. Perché Gesù è chiamato «Cristo »?

«Cristo» in greco, «Messia» in ebraico, significa «unto». Gesù è il Cristo perché è consacrato da Dio, unto dello Spirito Santo per la missione redentrice. È il Messia atteso da Israele, mandato nel mondo dal Padre. Gesù ha accettato il titolo di Messia precisandone tuttavia il senso: «Disceso dal cielo» (Gv 3,13), crocifisso e poi risuscitato, egli è il Servo Sofferente «che dà la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Dal nome Cristo è venuto a noi il nome di cristiani.

83. In che senso Gesù è il «Figlio Unigenito di Dio»?

Egli lo è in senso unico e perfetto. Al momento del Battesimo e della Trasfigurazione, la voce del Padre designa Gesù come suo «Figlio prediletto». Presentando se stesso come il Figlio che «conosce il Padre» (Mt 11,27), Gesù afferma la sua relazione unica ed eterna con Dio suo Padre. Egli è «il Figlio Unigenito di Dio» (1 Gv 2,23), la seconda Persona della Trinità. È il centro della predicazione apostolica: gli Apostoli hanno visto «la sua gloria, come di Unigenito dal Padre» (Gv 1,14).

84. Che cosa significa il titolo «Signore»?

Nella Bibbia, questo titolo designa abitualmente Dio Sovrano. Gesù lo attribuisce a se stesso e rivela la sua sovranità divina mediante il suo potere sulla natura, sui demoni, sul peccato e sulla morte, soprattutto con la sua Risurrezione. Le prime confessioni cristiane proclamano che la potenza, l'onore e la gloria dovuti a Dio Padre sono propri anche di Gesù: Dio «gli ha dato il Nome che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,11).

Egli è il Signore del mondo e della storia, il solo a cui l'uomo debba sottomettere interamente la propria libertà personale.

85. Perché il Figlio di Dio si è fatto uomo?

Il Figlio di Dio si è incarnato nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, per noi uomini e per la nostra salvezza, ossia: per riconciliare noi peccatori con Dio; per farci conoscere il suo amore infinito; per essere il nostro modello di santità; per farci «partecipi della natura divina» (2 Pt 1,4).

86. Che cosa significa la parola «Incarnazione »?

La Chiesa chiama «Incarnazione» il Mistero dell'ammirabile unione della natura divina e della natura umana nell'unica Persona divina del Verbo. Per realizzare la nostra salvezza, il Figlio di Dio si è fatto «carne» (Gv 1,14) diventando veramente uomo. La fede nell'Incarnazione è segno distintivo della fede cristiana.

87. In che modo Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo?

Gesù è inscindibilmente vero Dio e vero uomo, nell'unità della sua Persona divina. Egli, il Figlio di Dio, che è «generato, non creato, della stessa sostanza del Padre», si è fatto vero uomo, nostro fratello, senza con ciò cessare di essere Dio, nostro Signore.

88. Che cosa insegna a questo riguardo il Concilio di Calcedonia (anno 451)?

Il Concilio di Calcedonia insegna a confessare «un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità; vero Dio e vero uomo, composto di anima razionale e di corpo; consostanziale al Padre per la divinità, con sostanziale a noi per l'umanità, "simile in tutto a noi, fuorché nel peccato" (Eb 4,15); generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità e, in questi ultimi tempi, per noi e per la nostra salvezza, nato da Maria Vergine e Madre di Dio, secondo l'umanità».

89. Come la Chiesa esprime il Mistero dell'Incarnazione?

Lo esprime affermando che Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, con due nature, la divina e l'umana, non confuse, ma unite nella Persona del Verbo. Pertanto, nell'umanità di Gesù, tutto - miracoli, sofferenza, morte - dev'essere attribuito alla sua Persona divina che agisce attraverso la natura umana assunta.

90. Il Figlio di Dio fatto uomo aveva un'anima con una conoscenza umana?

Il Figlio di Dio ha assunto un corpo animato da un'anima razionale umana. Con la sua intelligenza umana Gesù ha appreso molte cose attraverso l'esperienza. Ma anche come uomo il Figlio di Dio aveva una conoscenza intima e immediata di Dio suo Padre. Penetrava ugualmente i pensieri segreti degli uomini e conosceva pienamente i disegni eterni che egli era venuto a rivelare.

91. Come si accordano le due volontà del Verbo incarnato?

Gesù ha una volontà divina e una volontà umana. Nella sua vita terrena, il Figlio di Dio ha umanamente voluto ciò che ha divinamente deciso con il Padre e lo Spirito Santo per la nostra salvezza. La volontà umana di Cristo segue, senza opposizione o riluttanza, la volontà divina, o, meglio, è ad essa sottoposta.

92. Cristo aveva un vero corpo umano?

Cristo ha assunto un vero corpo umano attraverso il quale Dio invisibile si è reso visibile. Per questa ragione Cristo può essere rappresentato e venerato nelle sante immagini.

93. Che cosa rappresenta il Cuore di Gesù?

Gesù ci ha conosciuti e amati con un cuore umano. Il suo Cuore trafitto per la nostra salvezza è il simbolo di quell'infinito amore, col quale egli ama il Padre e ciascuno degli uomini.

 

Come possiamo razionalmente dire che Gesù è Dio?

Possiamo anzitutto dire che Gesù è stato un vero uomo storico.

Che Gesù sia un personaggio storicamente vissuto è indubitabile.  Oltre alle fonti bibliche (che sono letterariamente sicure, in quanto sono quelle che hanno più papiri e pergamene, tra tutte le opere greche, che attestano la loro epoca e la loro diffusione), di Gesù parlano molte opere non cristiane, per es. Tacito[1], Plinio il Giovane[2], l'Imperatore Adriano[3] e altri.

 

Possiamo poi aggiungere che Gesù è un uomo straordinario perché si presenta come Dio:

Anzitutto perché presenta degli atteggiamenti contrari alla sensibilità dell'epoca:

§         accetta di mangiare e bere con tutti[4] (i "Rabbì" erano persone austere), ed addirittura con i pecca­tori[5];

§         infrange i tabù dell'impurità rituale[6]

§         non osserva il sabato[7], che era una delle caratteristiche fondanti dell'Ebraismo

§         ha un'alta considerazione per le donne[8] e per i bambini[9]

§         infrange il tabù del sangue (che per gli Ebrei era impuro), chiedendo di bere il suo[10]

Poi perché fa delle azioni che per un Ebreo sono riservate a Dio:

§         si dichiara padrone del sabato (il sabato è di origine divina, perciò dichiara di essere come Dio)[11]

§         afferma di poter completare e correggere la Legge di Mosè (il riassunto di tutta la legge veterotestamenta­ria)[12]

§         afferma di saper perdonare i peccati (cosa che naturalmente può fare solo Dio)[13]

in particolare poi perché le sue azioni sono comprese dagli Ebrei come presunzione di essere Dio, e per questo decidono di ucciderlo[14]

 

Ma soprattutto, possiamo dire che Gesù è Dio perché possiamo dimostrare che non può essere stato divinizzato dai Suoi discepoli. E ciò per constatazioni sia sociologiche che psicologiche:

§         Sociologiche: la prima comunità non ha avuto il tempo di mitizzare questa figura (tra la morte di Gesù, av­venuta circa nell'anno 30, ed i primi libri del Nuovo Testamento, dei primi anni 50, passano troppo pochi anni)

§         Psicologiche: i Vangeli ci riportano delle affermazioni che gli Apostoli non avrebbero potuto inventare, o perché vanno oltre la comprensione umana (Paternità divina nel senso di amore fino a dare la vita di Suo Figlio secondo natura per i figli adottivi; Dio che si mette a servizio dell’uomo, lavandogli i piedi; amore del prossimo fino a porgere l’altra guancia…), o perché sono contro di loro stessi (li presentano come incapaci di capire[15], e addirittura come traditori[16])

 

Come può essere contemporaneamente vero Dio e vero uomo, inteso psichicamente?

Gesù è vero Dio, dunque sa tutto, ma è vero uomo, dunque da bambino non sapeva nulla, poi ha imparato progressivamente qualche cosa, ma alla Sua morte non ne sapeva moltissime altre (per esempio, non poteva sapere cosa è un computer).  Sono conciliabili questi due aspetti?  Lo possiamo solo fare partendo dalla riflessione precedente, che ci dimostra che è possibile che Gesù sia Dio, ed accettare questa conseguenza, anche se va oltre la nostra comprensione immediata: se Gesù è vero Dio, accetto che sappia tutto, e contemporaneamente, se è vero uomo  accetto che non sappia molte cose.

  

 

PARROCCHIA S. EMERENZIANA

CAMMINO DI FEDE PER GLI ADULTI 2008-'09

13° INCONTRO  -   19  maggio 2009

Concepito per opera dello Spirito Santo:

il ruolo di Maria, donna libera e santa

 

94. «Concepito per opera dello Spirito Santo... »: cosa significa quest'espressione?

Significa che la Vergine Maria ha concepito il Figlio eterno nel suo grembo per opera dello Spirito Santo e senza la collaborazione di uomo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te» (Lc 1,35), le ha detto l'Angelo nell' Annunciazione.

95. «...Nato dalla Vergine Maria »: perché Maria è veramente la Madre di Dio?

Maria è veramente Madre di Dio perché è la madre di Gesù (Gv 2,1; 19,25). In effetti, colui che è stato concepito per opera dello Spirito Santo e che è diventato veramente suo Figlio, è il Figlio eterno di Dio Padre. È Dio egli stesso.

96. Che cosa significa «Immacolata Concezione»?

Dio ha scelto gratuitamente Maria da tutta l'eternità perché fosse la Madre di suo Figlio: per compiere tale missione, è stata concepita immacolata. Questo significa che, per la grazia di Dio e in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Maria è stata preservata dal peccato originale fin dal suo concepimento.

97. Come collabora Maria al disegno divino della salvezza?

Per la grazia di Dio Maria è rimasta immune da ogni peccato personale durante l'intera sua esistenza. È la «piena di grazia» (Lc 1 ,28), la «Tutta Santa». Quando l'Angelo le annuncia che avrebbe dato alla luce «il Figlio dell' Altissimo» (Lc 1,32), ella dà liberamente il proprio assenso con «l'obbedienza della fede» (Rm 1,5). Maria si offre totalmente alla Persona e all'opera del suo Figlio Gesù, abbracciando con tutta l'anima la volontà divina di salvezza.

98. Che cosa significa la concezione verginale di Gesù?

Significa che Gesù è stato concepito nel grembo della Vergine per la sola potenza dello Spirito Santo, senza intervento dell'uomo. Egli è Figlio del Padre celeste secondo la natura divina e Figlio di Maria secondo la natura umana, ma propriamente Figlio di Dio nelle due nature, essendoci in lui una sola Persona, quella divina.

99. In che senso Maria è «sempre Vergine»?

Nel senso che ella è «rimasta Vergine nel concepimento del Figlio suo, Vergine nel parto, Vergine incinta, Vergine madre, Vergine perpetua» (sant'Agostino). Pertanto, quando i Vangeli parlano di «fratelli e sorelle di Gesù», si tratta di parenti prossimi di Gesù, secondo un'espressione adoperata nella Sacra Scrittura.

100. In che modo la maternità spirituale di Maria è universale?

Maria ha un unico Figlio, Gesù, ma in lui la sua maternità spirituale si estende a tutti gli uomini che egli è venuto a salvare. Obbediente al fianco del nuovo Adamo, Gesù Cristo, la Vergine è la nuova Eva, la vera madre dei viventi, che coopera con amore di madre alla loro nascita e alla loro formazione nell'ordine della grazia. Vergine e Madre, Maria è la figura della Chiesa, la sua più perfetta realizzazione.

 

Il ruolo di Maria nella storia della salvezza?

Maria ha un ruolo fondamentale nella nostra fede, anche se assolutamente subalterno alla Trinità.  È uno strumento di cui il Padre si serve per donarci Gesù, tramite lo Spirito Santo. Strumento però privilegiato, nel senso che il Padre se l’è preparata per il ruolo unico che le voleva affidare.

Da queste affermazioni complementari nasce l’equilibrio della devozione a Maria nella comunità della Chiesa:

§         da una parte si ha per Lei un ricordo costante ed una devozione unica, perché la si riconosce come colei che ci ha donato Gesù

§         dall’altra si limita questa devozione al riconoscerla come tale, senza nulla togliere alla Trinità, di cui è solo strumento

 

In che senso Maria è una donna libera?

Maria è stata scelta da Dio, ma non predestinata nel senso di "obbligata" a diventa­re Sua Madre. La risposta di Maria alla richiesta di diventare Madre di Gesù (sia fatto di me secondo la tua Parola[17]), è assolutamente libera.

E questa libertà di Maria ci dona Gesù. Dio ha ritenuto che finalmente i tempi fossero maturi (Quando venne la pienezza del tempo Dio mandò Suo Figlio...[18]), e così Maria lo concepisce per opera dello Spirito Santo[19] e lo partorisce in una stalla di Betlemme[20].

 

Cosa significa “Dogma di fede”?

Significa che è una realtà:

§         presente solo implicitamente nella Parola di Dio,

§         nella quale la comunità della Chiesa ha sempre creduto

§         contro la quale non si è mai espresso il Magistero

§         che il Magistero (cioè un Papa o un Concilio in unione col Papa), quando gli studi sono arrivati ad un punto sufficiente di chiarimento, dichiara patrimonio di fede per tutti.

 

Cosa significa “Immacolata Concezione”?

Significa che Maria è una donna libera dal peccato, da ogni peccato.  Che ha da sempre, fin dal suo concepimento, quel rapporto di intimità con Dio ed ha da sempre superato la mancanza di unione con Dio causata dal peccato originale, cose che noi abbiamo acquisito con il Battesimo.   E' un dogma di fede

 

Cosa significa che Maria è “Vergine e Madre”?

§         Mamma di Dio: I Vangeli la chiamano sempre "La madre di Gesù[21]", eccetto una volta, quando Elisabetta, prima della nascita di Gesù, la chiama "Madre del mio Signore[22]". Fin dai primi secoli la Chiesa l'ha proclamata Madre di Dio, nella certezza che Gesù, pur avendo natura umana e divina, è una sola persona. Dunque se Maria è Madre della sola natura umana di Gesù, è naturalmente Madre dell'unica sua persona. Si può perciò chiamare Madre di Dio.

§         Mamma in modo speciale: Così pure la Comunità della Chiesa ha sempre preso la frase di Ma­ria: "Come è possibile, non conosco uomo[23]" come un suo proposito di verginità, ed ha sempre rite­nuto che fosse stata tale in tutta la sua vita. Non è una menomazione della sessualità, ma un avere coscienza che Maria è modello per gli sposi, per i vergini e per le madri. Ed è la piena attuazione di quanto l'angelo ha affermato a Maria: "Nulla è impossibile a Dio[24]".

 

 

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Ultimo aggiornamento: 20-02-14